Docenti da non dimenticare
Carlino del Bianco: ragione di libertà, passione di giustizia
Luciano Luciani
Carlo Del Bianco (Lucca, 13 I 1913 – Rovigo, 31 III 1944) è stato un docente e un antifascista lucchese.
Figlio unico di un’agiata famiglia lucchese frequentò il Liceo classico ‘N. Machiavelli’. Risale agli anni liceali l’ostilità di Del Bianco al regime fascista, condivisa da una gruppo di compagni di scuola e amici tra cui si ricordano Nino Russo Perez, Arturo Paoli, Arrigo Giannini, Romeo Giovannini, Giulio (Arrigo) Benedetti e Guglielmo Petroni. Spirito critico e insofferente, era l’unico, come afferma Nino Russo Perez nel suo libro Amici di lucchesia, ad aver letto qualche cosa di Marx e Antonio Labriola.
Si iscrisse alla Facoltà di lettere dell’Università di Pisa, ma si laureò alla Università di Firenze il 3 novembre 1938, riportando la votazione di 108/110. La sua tesi di laurea in filosofia della scienza, non in sintonia con la politica culturale che dominava allora all’Università di Pisa, era stata per ben due volte rifiutata dagli ambienti accademici di quell’Ateneo.
Ancora studente universitario, aveva iniziato a insegnare come supplente. Ottenne, poi, incarichi in varie scuole cittadine, fra cui l’Istituto d’arte ‘A. Passaglia’, il Liceo scientifico ‘Vallisneri’ e, infine, il Liceo classico ‘Machiavelli’ dove ricoprì la cattedra di storia e filosofia.
Il 24 maggio 1942, nell’anniversario dell’ingresso dell’Italia nel primo conflitto mondiale, un volantino distribuito in tutta Lucca incitava gli italiani al riscatto dal fascismo. Un’iniziativa che suscitò grande clamore in città, promossa da un gruppo di giovani antifascisti che si riuniva clandestinamente in casa Del Bianco.
Il 26 luglio 1943 il giovane professore è tra gli organizzatori della manifestazione che percorre le vie di Lucca, festeggiando la caduta del fascismo.
Anello di congiunzione tra i vecchi e i nuovi antifascisti lucchesi, dopo l’8 settembre, il prof. Del Bianco sollecitò i giovani che sarebbero dovuti partire per la leva a organizzarsi in gruppi, non ancora definiti partigiani, con il compito di nascondere in Garfagnana le armi del distretto militare di Lucca. Il primo nucleo guidato dal docente antifascista muove da Lucca il 20 settembre e raggiunge Campaiana, sopra Corfino. Più tardi, rafforzato da altri giovani provenienti dal Movimento Studenti di Azione Cattolica, di cui era responsabile don Arturo Paoli, arrivò a contare 21 componenti: una piccola formazione partigiana, probabilmente la prima della provincia di Lucca. Il Comitato di Liberazione Nazionale lucchese, però, non dette mai l’ordine per una qualunque azione, anzi, nel dicembre 1943 giunse la direttiva di nascondere le armi e disfare la formazione, dato che ogni attività militare sembrava prematura. Le armi furono nascoste con l’aiuto di tre parroci garfagnini e venne interrotto l’invio di denaro da parte del Cln. Intanto, la Guardia Nazionale Repubblicana scopriva l’esistenza della formazione, individuava i nomi dei membri e iniziava a interrogare e arrestare parenti e amici: alcuni dei ragazzi furono fermati e minacciati, mentre la condizione del docente si andava facendo sempre più precaria e pericolosa.
All’interno del Cln si decise allora di allontanare da Lucca al più presto Carlo Del Bianco. Roberto Bartolozzi, operaio della Teti e partigiano comunista, destinato a cadere a sua volta nelle strade di Lucca alcuni mesi più tardi, lo accompagnò a Firenze dove Del Bianco salì sul treno che doveva portarlo a Venezia per incontrare il fidato amico e compagno di studi liceali Nino Russo Perez. Non lo trovò; riprese allora il treno per tornare indietro. Alla stazione di Padova irruppero nel vagone due Ss e Del Bianco, temendo di essere scoperto, si vide costretto ad abbandonare il convoglio in corsa all’altezza di Rovigo. Un salto rovinoso che lo lasciò gravemente ferito lungo i binari. Portato in ospedale, subì l’amputazione di entrambe gli arti inferiori e morì alcuni giorni più tardi.
Nel posto dove fu raccolto quasi agonizzante, un mucchietto di cenere testimoniava che Del Bianco, con le ultime forze residue, si era liberato di fogli e documenti da lui ritenuti compromettenti per sé e per gli altri.
Con questi versi lo ricorda l'amico Nino Russo Perez: ‘Ma a chi di noi / t'ha chiuso in un lenzuolo / d'aromi e ha rotolato / sopra di te la pietra del sepolcro / tu sfuggi cancellandoti di luce’.