Linneo, la Linnaea borealis e la denominazione binomia
Silvia Fogliato
Come c’è un’era avanti e dopo Cristo, c’è una botanica prima e dopo Linneo. A fare da spartiacque, una data precisa: primo maggio 1753. Quel giorno, per i tipi dell’editore di Stoccolma Laurentius Salvius uscirono di due volumi della prima edizione di Species Plantarum, in cui Linneo descrisse 5900 piante, etichettate con una denominazione binomiale; vista l’importanza di questa decisione, nel 1867 il Congresso botanico internazionale di Parigi decise di fare di quel giorno il punto di inizio della moderna nomenclatura botanica, il che significa che tutte le denominazioni precedenti (comprese quelle usate da Linneo nelle opere giovanili) non sono considerate valide, mentre quelle adottate in quest’opera hanno la priorità su quelle successive.
Ma in cosa consisteva questa rivoluzione epocale? Lasciando da parte le prolisse e caotiche denominazioni polinomie in uso prima di lui, Linneo attribuì ad ogni essere vivente (il sistema fu esteso agli animali nella decima edizione di Systema naturae, 1758) due nomi in lingua latina: il primo, paragonabile a un cognome, indica il genere ed è uguale per tutte le specie che hanno in comune alcune caratteristiche generali (ad esempio Begonia L.); il secondo, paragonabile al nome personale, indica la specie distinta da alcuni caratteri particolari (ad esempio Begonia coccinea Hook).
Questo sistema era già stato anticipato da botanici precedenti, in particolare da Caspar Bauhin (1560-1624); Linneo però lo usò in modo esclusivo e sistematico, riuscendo ad imporre una denominazione universale, valida ovunque e per tutti al di là delle singole lingue e degli usi locali.
Naturalmente, nell’assegnare un nome alle piante descritte in Species Plantarum, lo scienziato svedese non inventò quasi nulla. Molto spesso riprese le denominazioni dei suoi più illustri predecessori. Ogni volta che era possibile, preferì i nomi latini o classici, che prevalgono nei generi delle piante del Vecchio mondo: ad esempio latini sono Rosa, Viola, Hedera, greco-latini Narcissus, Hyacinthus, Daphne. Su basi latine o greche coniò poi nomi descrittivi per le piante esotiche che affluivano sempre più numerose dai quattro angoli del mondo: ad esempio battezzò la pianta da cui si ricava l'indaco Indigofera tinctoria L. "la pianta dei tintori portatrice di indaco".
Non di rado, tuttavia, nel creare un nuovo nome, gli piacque rendere omaggio a studiosi contemporanei o del passato, agli allievi che sguinzagliava alla caccia di piante in tutti i continenti, ma anche a potenti, persone influenti e protettori verso i quali aveva debiti di riconoscenza. Proprio come la denominazione binomia, anche l’abitudine di attribuire nomi celebrativi alle piante non è tutta farina del suo sacco: a parte qualche sporadico esempio precedente, egli si rifece all’esempio di un botanico della generazione precedente, Charles Plumier (1646-1704).
Com'è giusto, tra i botanici onorati dal nome di una pianta c'è anche Linneo stesso (o per chiamarlo con il suo vero nome, Carl von Linné), immortalato da Linnaea borealis L. Per quanto avesse un alto grado di autostima, il nostro non era così arrogante da dedicare su due piedi un genere a se stesso. La storia è un po' più complicata. Nel 1732, quando aveva 25 anni, in Lapponia, nel corso della sua unica spedizione botanica di ampio raggio, Linneo trovò molti esemplari di una pianta che chiamò Campanula serpyllifolia ("Campanula con foglie simili al timo"), facendone la sua favorita. Nel 1735, nella prima edizione di Systema naturae, decise di dedicarla al proprio maestro Olof Rudbeck (1660-1740), che aveva esplorato la Lapponia prima di lui, ribattezzandola Rudbeckia
Il nome Linnaea si deve invece al botanico olandese Jan Frederik Gronovius (1686-1762), che aveva aiutato Linneo durante il suo soggiorno nei Paesi Bassi, pagando pure di tasca propria la stampa di Systema Naturae. A questo punto lo stesso Linneo accettò l’omaggio e in Species Plantarum del 1753 nominò la specie Linnaea borealis ("L. delle latitudini settentrionali"). Sottolineò, anzi, che c'era uno stretto legame tra lui e questa pianticella: entrambi arrivavano dall'estremo nord, erano modesti, quasi insignificanti; dunque, a suo parere, Gronovius aveva scelto bene. Che poi Linneo fosse davvero modesto, non è proprio vero, ma evidentemente questa era l’immagine che voleva dare di sé. Quanto al buon vecchio Rudbeck, non dimenticò di omaggiarlo con un nuovo genere Rudbeckia (proprio quello che ancora conosciamo con questo nome).
E nessuno si stupirà di scoprire che esiste anche un genere Gronovia.
Al di là della complicata storia del suo nome, la Linnaea borealis è una pianta interessante di per sé. In primo luogo si tratta di una cosiddetta "specie relitta": in Europa è presente nella penisola scandinava e in diverse aree montane, in particolare sulle Alpi. Poiché la sua distribuzione non è continua, si suppone che nei periodi glaciali occupasse un'area molto più ampia; dopo l'ultima glaciazione, il suo areale si ridusse alle zone più fredde del continente, mentre a sud riuscì a sopravvivere solo in montagna.
Il genere Linnaea è monospecifico, in altre parole comprende l'unica specie borealis, diffusa nei tre continenti dell'emisfero boreale, con tre sottospecie: in Europa L. borealis subsp. borealis, in America settentrionale L. borealis subsp. americana (J. Forbes) Hultén, in Asia e lungo la costa pacifica dell'America settentrionale (dall'Alaska alla California) L. borealis subsp. longiflora (Torr.) Piper & Beattie. Sono le sottospecie europea ed asiatica ad avere carattere di specie relitta, mentre la sottospecie americana occupa un aerale piuttosto ampio. Per quanto si tratti di una pianta nana (alta tra 5 e 15 cm), è un arbusto, che espandendosi con stoloni può formare densi tappeti di oltre un metro.
Un'ultima curiosità: la Linnaea borealis appartiene alla famiglia delle Caprifoliaceae, ma alcuni ricercatori l’hanno assegnata ad una famiglia propria, le Linnaeaceae, insieme a una decina di altri generi, due dei quali piuttosto rappresentati in giardino: Abelia e Kolkwitzia. Anzi, è così affine ad Abelia che alcuni botanici, sulla base delle ricerche molecolari, hanno proposto di cancellare quest’ultimo, facendolo confluire (insieme ad alcuni altri) in Linnaea, che a questo punto diverrebbe un grande genere di una ventina di specie. Una soluzione piuttosto traumatica, accettata da repertori come Plants of the world on line ma respinta da altri ricercatori.
Come molte alte piante, la gentile Linnaea è diventato anche un nome femminile, Linnea, diffuso in Svezia (dove è comune anche il diminutivo Linn), Finlandia, Norvegia e Inghilterra.