Georg Joseph Camel, camelie e balle di tè
Silvia Fogliato
Se la rosa è la regina dei fiori, forse la camelia ne è l’imperatrice, e non solo per la sontuosa bellezza delle fioriture. Nelle sue vesti di pianta alimentare, fornisce la bevanda più diffusa ed economica del mondo dopo l'acqua, il tè, ricavato da Camellia sinensis (si calcola che ogni anno ne vengano prodotte 36 milioni di tonnellate, in più di 40 paesi); ha innescato rivoluzioni, come la protesta contro la tassa sul tè che sfociò nel Boston Tea Party e diede inizio alla Rivoluzione americana; ha provocato guerre, come la guerra dell'oppio, la cui causa prima stava nel disavanzo commerciale dell'Inghilterra nei confronti della Cina, dovuto alle enormi importazioni di tè; per prepararlo, servirlo e consumarlo, sono nati locali specializzati, stoviglie, ricette e riti culturali come l'affascinante cerimonia del tè giapponese o il salottiero Afternoon tea britannico. Come pianta ornamentale, oltre ad alimentare la passione dei collezionisti, ha ispirato poesie e romanzi come La signora delle Camelie di Dumas figlio; è stata adottata come simbolo dagli abolizionisti brasiliani, dalle suffragette neozelandesi, nonché da Coco Chanel; non si contano i prodotti, i locali, gli esercizi commerciali che ne portano il nome.
Benedetta dalla natura, infatti la camelia ha anche avuto la fortuna di ricevere da Linneo un nome straordinariamente eufonico, appunto Camellia, un omaggio al farmacista e missionario Georg Joseph Kamel (1661-1706), da cui poi sono derivati i nomi comuni nelle principali lingue europee. Sfatiamo subito la leggenda, purtroppo troppo frequentemente riportata, che proprio lui abbia introdotto le camelie in Europa. La storia è ben diversa, ma forse anche più interessante.
Noto anche con il nome spagnolo Jorge Camello e soprattutto con la forma latinizzata Georgius Josephus Camellus, Kamel, di padre tedesco e madre morava, nacque a Brno nel 1661, suddito dell'impero. Educato nel locale collegio dei gesuiti, nel 1679 completò gli studi in farmacia e nel 1682 entrò nell'ordine come fratello laico, iniziando a lavorare come assistente farmacista. In quegli anni, i gesuiti spagnoli stabiliti nelle Filippine, di fronte alle disastrose condizioni sanitarie delle loro missioni, chiesero aiuto ai confratelli dell'impero asburgico (Spagna e Impero, governati da due rami degli Asburgo, erano stretti alleati), chiedendo esplicitamente l'invio di specialisti in medicina. La scelta cadde su Kamel, che nel frattempo aveva pregato di essere assegnato a una missione.
Dopo un breve soggiorno nelle Marianne, nel 1688 Kamel raggiunse la sua sede, il Collegio di Sant'Ignazio a Manila, nell'isola di Luzon. Qui creò la prima farmacia dell'arcipelago e un orto dei semplici e iniziò a raccogliere piante, animali e minerali, soprattutto allo scopo di trovare alternative locali agli introvabili medicinali europei. Appresa perfettamente la lingua locale, poté anche attingere alle conoscenze e alle pratiche della medicina tradizionale filippina. Incominciò quindi a descrivere le piante raccolte, secondo il modello degli Herbaria europei; tra le specie da lui descritte per la prima volta, Strychnos ignatii, la pianta da cui si ricava la stricnina, di cui scoprì le virtù medicinali e che volle dedicare al fondatore del suo ordine, Ignazio di Loyola.
La grande fama acquisita nel suo lavoro prima di farmacista, poi anche di medico, si diffuse dapprima nelle Filippine, conferendo grandissimo prestigio al Collegio gesuita di Manila, poi anche, grazie ai racconti dei mercanti, presso gli europei che operavano in Oriente. Kamel iniziò una corrispondenza con due di loro, l'inglese Samuel Brown, medico della Compagnia delle Indie a Madras, e l'olandese Willem Ten Rhyne, medico della Compagnia delle Indie olandese a Batavia, che a loro volta fecero da tramite con scienziati occidentali.
In particolare, Brown lo mise in contatto con il farmacista e collezionista inglese James Petiver (1663-1718). Tramite quest'ultimo, Kamel poté iniziare una collaborazione con il maggiore botanico inglese del tempo, John Ray (1627-1705). Desideroso di far conoscere in Europa il proprio lavoro, il gesuita propose infatti all'inglese di pubblicare in appendice alla sua Historia Plantarum il proprio catalogo delle piante dell'arcipelago. Ray accettò con entusiasmo: era un dono generoso e inatteso, che apriva alla scienza europea un territorio del tutto inesplorato. Un dono tanto più gradito, se si pensa che giungeva da un territorio proibito; Spagna e Inghilterra erano nemici storici e il commercio con le Filippine era vietato agli Inglesi, come del resto agli Olandesi: per la loro corrispondenza, Kamel e i suoi corrispondenti europei dovettero sempre servirsi di intermediari e di complicati canali di comunicazione.
Nel gennaio 1698 il testo di Kamel, accompagnato da disegni di sua mano, frutto di dieci anni di lavoro, venne inviato a Brown, a Madras, che a sua volta lo avrebbe inoltrato a Londra. Ma il prezioso invio, intercettato dai pirati, andò perduto. Benché affranto, Kamel si rimise al lavoro e tra il 1699 e il 1701 pervennero a Ray le parti relative alle piante erbacee e agli alberi (una terza parte, sulle liane, giungerà solo dopo la sua morte e verrà pubblicata da Petiver). Con il titolo Historia stirpium insula Luzonis et reliquarum Philippinarum il catalogo uscì nel 1704, in appendice al terzo volume dell'Historia Plantarum di Ray. Purtroppo, però, quest'ultimo, a corto di soldi, pubblicò soltanto i testi (si tratta di descrizioni piuttosto brevi, che elencano succintamente le caratteristiche di radici, foglie, fiori, frutti e le eventuali proprietà officinali), rinunciando alle tavole. Questa scelta sminuì enormemente il valore scientifico dell'opera di Kamel, perché impedì sia un'identificazione certa, sia confronti con altre specie. Tant'è vero che Linneo, una trentina d'anni dopo, esprimerà un giudizio sprezzante sull'opera del moravo, dichiarando "Descrizioni imperfette. Scarsa conoscenza delle piante". Altri lavori di Kamel vennero invece pubblicate nelle Philosophical Transactions della Royal Society a cura di Petiver.
Kamel morì nel 1706 a Manila, a quarantacinque anni. Non fece mai ritorno in Europa, dove ovviamente non portò alcuna camelia, anzi non risultano suoi rapporti diretti con le camelie ornamentali (nelle Filippine ne cresce spontanea una sola specie, C. megacarpa, ma nelle opere del missionario non se ne fa menzione). Quanto al tè, ci attende ancora una storia, non meno sorprendente.
I manoscritti, gli esemplari essiccati (che costituiscono il più antico erbario della flora filippina) e i disegni di Kamel, giunti a Ray e Petiver, rimasero a Londra: i primi furono conservati nella British Library, quindi nel Natural History Museum, i secondi confluirono nell'erbario del naturalista e collezionista Hans Sloane (1660-1753). I terzi ebbero vicende intricate: pervenuti al botanico francese Antoine Laurent de Jussieu (1748-1836), dopo la sua morte vennero acquistati dal conte belga Alfred de Limminghe, che li donò al collegio dei gesuiti di Lovanio, dove sono tuttora conservati. Si discute se si tratti degli originali, di mano di Kamel, o di copie. Nel 2007, lo studioso belga Luc Dhaeze, che stava scrivendo una monografia sulle camelie del Belgio, pensò di sfogliare il manoscritto, nella speranza di trovare qualche disegno che provasse una relazione tra Kamel e le camelie o almeno il tè. E il foglio 234 giustificò le sue attese: senza dubbio alcuno, ritrae due foglie e due frutti della pianta del tè. Esplicita la didascalia: "Tchia, qui affertur in glomis, folia, et fructus" (Tè, che viene portato in "gomitoli", foglie e frutto). Dhaeze non poté però consultare l'opera di Ray, per verificare se nel testo comparisse la descrizione corrispondente. Oggi noi possiamo farlo senza fatica perché Historia plantarum è disponibile, gratuitamente, tra i libri di Google. Chiedendomi perché Kamel avesse disegnato solo foglie e frutti, e soprattutto cosa fossero quei glomi (ovvero gomitoli), ho sfogliato il testo e ho trovato, chiarissima, la risposta: i gomitoli sono le balle di tè verde a foglie intere (una tecnica che ancora oggi viene impiegata in Cina per le qualità più pregiate) che i mercanti portavano nelle Filippine dalla Cina. Infatti spiega Kamel: "Tschia, o erba del tè. Viene portata pressata in grandi balle. Alcune foglie sono grandi (ne ho trovate di sei palmi), altre piccole, tutte serrate tra di loro. In una balla ho trovato un frutto, che si divide in tre parti". Con scrupolo, egli elenca poi altri tre tipi di tè, che però non descrive né disegna: tè di Luzon (formato solo dagli apici, quindi forse un tè bianco), tè mandarino, tè "buy" (ovvero whuy, il tè nero, che qualche anno più tardi sarà noto in Occidente con il nome commerciale "bohea"). Ecco perché Kamel non ha disegnato l'aspetto generale della pianta, le radici, i fiori: non ha mai visto una pianta di tè dal vivo, ne ha conosciuto, ritratto e descritto solo le foglie essiccate e un frutto, rinvenuto casualmente in una balla giunta a Manila dalla Cina. È verosimile che, pur trattandosi di una specie esotica, egli abbia voluto includere il tè nel suo catalogo per le sue numerose virtù medicinali, tali da farlo entrare a pieno titolo tra le piante officinali. D'altra parte, non stupisce affatto che il tè venisse commercializzato nel Filippine negli ultimi anni del Seicento: i commerci tra la Cina e l’arcipelago sono documentati almeno a patire dal X secolo, il tè era un importante prodotto di esportazione fin dal Medioevo, i portoghesi avevano cominciato a esportarlo fino dal Cinquecento e attraverso le Filippine, benché periferiche nell'impero spagnolo, passavano le merci che dal Giappone e dalla Cina affluivano alle colonie spagnole del Nuovo Mondo. D'altra parte, le poche righe di Kamel poco aggiungono alla conoscenza del tè in Occidente, e non si deve certo ad esse se Linneo gli dedicò il genere Camellia, quanto alla stima in cui egli era tenuto da Ray come primo descrittore della flora filippina.
Tanto più che lo svedese dedicò a Kamel la Camellia, ma non la pianta del tè. Nel 1753, nella prima edizione di Species plantarum, Linneo stabilì infatti due generi: Thea, cui assegnò la pianta del tè (Thea sinensis); Camellia, cui assegnò l'unica specie ornamentale allora nota in Occidente, Camellia japonica. Nella seconda edizione, seguendo l'opinione dell'inglese John Hill, che nel suo Treatise on Tea (1753) aveva sostenuto che i due tipi di tè commercializzati in Occidente, il tè verde e il tè nero, fossero ottenuti da due specie diverse, chiamò T. viridis il primo, e T. bohea il secondo.
Fu soltanto nel 1818, quando altre specie di Camellia incominciavano ad essere conosciute in Europa, che il botanico inglese Robert Sweet propose di unificare i due generi; tuttavia la denominazione Thea persistette ancora a lungo, tanto da dare il nome alla famiglia Theaceae. Del resto il genere Camellia è caratterizzato da continue revisioni: la monografia di J. Robert Sealy, A Revision of the Genus Camellia (1958), fissò la nomenclatura scientifica delle specie conosciute all'epoca, dividendo il genere in 12 sezioni (Thea è una di queste) e descrivendo 87 specie. Nel 1981, poiché nel frattempo, soprattutto in Cina, erano state identificate molte nuove specie, Chang Hungta, professore dell'Università Sunyatsen di Guangzhou (Canton) nella sua monografia (pubblicata nel 1984 nella traduzione inglese con il titolo Camelias, a cura dallo statunitense Bruce Bartholomew) riconobbe 201 specie, suddivise in quattro sottogeneri e 20 sezioni. Ancora più recentemente (2000) Ming Tien Lu in Monograph of the Genus Camellia ha portato le specie a 280. In ogni, caso si tratta di piante affascinanti e ricche di echi culturali. Se questo articolo vi ha incuriosito e desiderate saperne di più, in questa pagina del blog I nomi delle piante troverete informazioni sulle leggende fiorite intorno al tè, sulla storia dell’introduzione delle camelie in Europa, sugli sport e gli ibridi più recenti.
Bibliografia
J. Ray, Historia plantarum, Tomus III, accessit Historia stirpium ins. Luzonis et reliquarum Philippinarum, a R.P. Jos. Camello, Londini: apud Smith & Walford, 1704
S. Kroupa, “Ex epistulis Philippinensibus: Georg Joseph Kamel SJ (1661–1706) and His Correspondence Network”, Centaurus 57(4): 229-259
L. Dhaeze, “Georg Kamel S.J. and the camellia. Upon seeing a manuscript”, Jesuitica, www.jesuitica.be/info-item/2/