Dimmi come traduci
Fabio Fantini
Sono un lettore regolare di libri di divulgazione scientifica da quando ero ancora studente liceale (notte dei tempi, per rimanere nella pietosa vaghezza). Fra i libri letti negli ultimi mesi, due in particolare mi hanno regalato una lettura istruttiva e divertente, sapidamente condita di quell’ironia, a volte esplicita a volte implicita, che può permettersi l’Autore dotato di grande spessore culturale. Si tratta di L’ascesa della gravità, di M.Chown, Hoepli, e di A cena con Darwin, di J.W. Silvertown, Bollati Boringhieri.
Da pochi giorni mi è diventato chiaro che le indicazioni bibliografiche che ho appena riportato sono colpevolmente incomplete. Infatti, manca il nome del traduttore, cioè di chi, con competenza linguistica e scientifica, è stato capace di rendere efficacemente in italiano lo spirito e il contenuto dei testi originali. Il nome del traduttore compare nel frontespizio. Si apprende così che parte del merito della piacevolezza della lettura va ascritta a Davide Calonico per L’ascesa della gravità e ad Andrea Migliori per A cena con Darwin.
Accade spesso che si scopra l’importanza di qualcosa che si dà per scontata solo quando se ne avverte la mancanza o l’inadeguatezza. Ciò accade con le persone, con gli oggetti e anche con le parti del proprio corpo. E anche con un prodotto intellettuale spesso incorporato nella merce editoriale come è appunto la traduzione.
Il lettore avrà intuito, a questo punto, che esiste un contraltare alla virtuosa abilità di resa linguistica esemplificata dai due libri citati. Eccolo qua: Riccioli d’oro e gli orsetti d’acqua (alla ricerca della vita nell’universo), di L. Preston, Il Saggiatore. In questo caso, il nome del traduttore è stampato direttamente in copertina, secondo una prassi frequente per quella Casa Editrice: Emiliano R. Veronesi.
Non si può imputare al traduttore la carenza di vivacità espositiva né la scelta di dedicare metà del libro a un superfluo compendio di astronomia, biologia e geologia, mentre l’altra metà consiste di un poco originale resoconto delle ipotesi sulla possibile presenza di vita in altri corpi celesti. Si può scusare facilmente l’occasionale uso del modo indicativo in una frase introdotta da «sebbene». Ma il lettore comincia a porsi qualche domanda quando si imbatte in frasi dalla costruzione faticosamente contorta, quando legge che la Luna disterebbe dalla Terra «circa 30.000 km» (pag. 71), quando scopre l’esistenza di una «melanina indigena» (pag. 187), quando apprende non senza sorpresa che su Mercurio la gravità di superficie «misura circa 0,37 grammi» (pagina 219). Certo, si può sorridere dell’eccesso di zelo che deve avere portato a esplicitare per esteso la g che seguiva 0,37 come «grammi», ma come può il traduttore di un testo scientifico non sobbalzare sulla sedia quando rivede il proprio lavoro e trova castronerie del genere?
Non voglio rispolverare il trito discorso delle due culture, ma si ha l’impressione che il traduttore in questione sia piuttosto carente di preparazione scientifica elementare. Ma allora, perché affidargli la traduzione di un testo scientifico? E anche se la scelta non avesse avuto alternative, perché non affiancare al traduttore disciplinarmente inesperto una persona scientificamente competente per la rilettura?
Ho il sospetto che le scelte editoriali di certe Case Editrici tengano poco conto del rispetto per il lettore e seguano piuttosto altri riferimenti cardinali. Comperare una pagina di pubblicità su una diffusa rivista di divulgazione scientifica e ottenere una mite recensione del libro sembra essere una strategia più efficace che proporre al lettore prodotti di qualità, adeguati al non trascurabile prezzo di acquisto.
Forse è ora che noi acquirenti di libri di divulgazione scientifica cominciamo a selezionare con maggiore cura i prodotti che ci sono offerti, tenendo nel dovuto conto la serietà delle Case Editrici. Una serietà che si dimostra di possedere con i fatti, non con l’esibizione delle passate glorie.