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Il sesso del cervello: al di là dei pregiudizi

 

Il sesso del cervello

Il sesso del cervello: al di là dei pregiudizi

 

Catherine Vidal

 

Introduzione

Noi umani, donne e uomini, abbiamo tutti personalità diverse e modi di pensare differenti. Ma da dove vengono le differenze? Dono innate o acquisite? Qual è il ruolo della biologia e quale quello dell’ambiente sociale e culturale nella costruzione delle nostre identità? Sono questioni oggetto di dibattiti appassionati da secoli. Con i progressi delle conoscenze nel campo delle neuroscienze saremmo tentati di credere che i pregiudizi e gli stereotipi sulle differenze di attitudine e di comportamenti tra i sessi siano stati superati. Ma non è questo il caso nella vita quotidiana. Televisione, siti internet, stampa scritta pretendono che le donne siano “naturalmente” multifunzionali, dotate per le lingue, ma incapaci di leggere una carta stradale, mentre i maschi sarebbero per essenza bravi in matematica, competitivi e litigiosi. Questi discorsi lasciano credere che le nostre attitudini e le nostre personalità siano programmate geneticamente nel cervello e immutabili. Ora, le ricerche nel campo della neurobiologia provano il contrario. Le nuove tecniche di imaging cerebrale con IRM mostrano che i cervelli fabbricano continuamente nuove connessioni tra neuroni in funzione degli apprendimenti e delle esperienze vissute. La scoperta della “plasticità cerebrale” è una vera rivoluzione nelle nostre concezioni del funzionamento del cervello umano[1]. Nulla è fissato da sempre nel cervello, quali che siano il sesso e le età della vita.

 

La costruzione di ragazze e ragazzi

Per capire ciò che ci rende donne o uomini, è necessario individuare quando e come emergono le differenze tra i sessi. Bisogna perciò indagare i processi di sviluppo che, dalla vita fetale agli anni successivi alla nascita, guidano la “costruzione” di ragazze e ragazzi. Cosa sappiamo veramente sulle differenze tra i sessi nei primi tre anni di vita? è il titolo di un articolo di Anne Fausto-Sterling che passa in rassegna centinaia di studi sullo sviluppo dei bambini pubblicati in cinquant’anni[2].

 

Sviluppo motorio

Alla nascita i bambini sono un po’ più tonici delle bambine. La differenza è debole. Le misure statistiche del tasso di attività dei neonati maschi e femmine si sovrappongono per l’80%. All’età di 2 mesi la differenza sparisce. Riappare in seguito intorno ai 6-12 mesi (sovrapposizione del 75%). Le ragioni della fluttuazione di queste differenze tra i sessi restano oscure. Sono state proposte diverse ipotesi, come differenze nella capacità cerebrale di gestione dei movimenti o esposizione allo stress nel periodo prenatale. Anche le differenze nelle cure prodigate ai bambini potrebbero avere un ruolo. In ogni caso, nessuno di questi eventi precoci è sufficiente a spiegare perché, andando verso l’età adulta, i maschi pratichino più attività fisiche e adottino comportamenti più violenti rispetto alle ragazze.

 

Apprendimento del linguaggio

Le differenze tra i sessi nel balbettamento dei bebè non si manifestano prima dei 6 mesi. A partire da tale età, le bambine superano leggermente i maschi nell’espressione verbale (sovrapposizione del 94%). Le differenze tra i sessi si accentuano in seguito verso i 2-3 anni (sovrapposizione del 34%). Le ragioni per cui le bambine padroneggiano meglio il linguaggio non sono note. Alcuni invocano differenze biologiche (cervello, ormoni) che restano però da dimostrare. Altri fanno valere il fatto che, fin dalla più giovane età, gli adulti che circondano i bambini parlano più alle femmine che ai maschi. Alcuni studi hanno mostrato correlazioni significative tra le interazioni verbali madre-bambino a 6 mesi e lo sviluppo delle capacità di linguaggio a 17-24 mesi[3].

Andando verso l’età adulta le differenze tra i sessi nel linguaggio si smorzano progressivamente. Quando si studiano con IRM le regioni del cervello implicate nel linguaggio, le statistiche su più di un migliaio di donne e uomini testati non mostrano differenze tra i sessi[4].

 

Imparare a contare e orientarsi nello spazio

Molte ricerche hanno analizzato come si sviluppano nei bambini i sistemi cognitivi che permettono di padroneggiare le operazioni matematiche elementari[5]. Il senso dei numeri e la percezione delle relazioni geometriche compaiono tra i 3 e i 6 mesi. Fin verso i 10 anni le attitudini al ragionamento matematico si sviluppano nello stesso modo nei maschi e nelle femmine.

È a partire dall’adolescenza e nell’adulto che sono stati constatati scarti di performance in matematica a favore dei maschi. Nel 1990, negli Stati Uniti, uno studio statistico su milioni di studenti liceali aveva mostrato che i ragazzi riescono meglio delle ragazze nei test di matematica. Alcuni avevano interpretato questo risultato come il segno di un’inettitudine del cervello delle femmine per la matematica… La stessa inchiesta realizzata nel 2008 mostra questa volta che le ragazze ottengono risultati buoni come quelli dei ragazzi[6]. Difficile immaginare che ci sia stata, in due decenni, una mutazione genetica del cervello delle ragazze tale da renderle più portate per la matematica! Il risultato è dovuto infatti allo sviluppo dell’insegnamento delle materie scientifiche e alla presenza costante delle ragazze in queste materie[7].

 

Preferenza nei giocattoli

Gli studi sul comportamento dei bambini di fronte ai giocattoli non mostrano differenze tra i sessi all’età di 3 mesi. Le differenze emergono verso i 10 mesi e sono molto marcate a 3 anni. Le bambine preferiscono generalmente le bambole e i peluche mentre i bambini sono più attratti dai giocattoli a ruote e dai giochi di costruzione. Queste preferenze sono globalmente conformi agli stereotipi degli adulti che attribuiscono sistematicamente alle femmine la cura dei bambini e ai maschi il gusto per la meccanica[8]. Nella fascia d’età tra i 12 e i 27 mesi, gli adulti dell’entourage dei bambini scelgono per lo più giocattoli diversi a seconda del sesso e non sulla base dell’interesse manifestato dai bambini.

Ora, alcuni ricercatori continuano a pretendere che le preferenze delle bambine per le bambole e dei bambini per i camion siano innate e determinate geneticamente perché si ritrovano anche nelle scimmie. Queste tesi sono state oggetto di critiche dettagliate che mostrano l’inconsistenza dei dati scientifici su cui si basano[9].

 

La costruzione del cervello delle ragazze e dei ragazzi

Alla nascita i maschi sono in media più pesanti delle femmine. Il volume del loro cervello è superiore di circa il 10% rispetto a quello delle femmine. Se si rapporta il volume del cervello alla taglia del corpo, la differenza tra i sessi si riduce al 4% ma resta significativa. Riguardo alla struttura interna del cervello, numerosi studi IRM[10] hanno mostrato variazioni secondo il sesso nei volumi della materia grigia (in cui si concentrano i corpi cellulari dei neuroni) e della materia bianca (costituita dalle fibre nervose che escono dai corpi cellulari dei neuroni). Dalla nascita fino all’età adulta le femmine hanno in media un po’ più di materia grigia e i maschi un po’ più di materia bianca[11].

Queste differenze cerebrali hanno dato luogo a ogni sorta di speculazioni che pretendevano di spiegare le differenze tra i sessi nell’orientamento spaziale, nel ragionamento, nell’intuizione, ecc. Alcuni studi recenti hanno rimesso in discussione l’interpretazione delle differenze anatomiche tra i cervelli delle donne e degli uomini[12], mostrando che di fatto tali differenze sono solo apparenti. Spariscono se si prende in considerazione la taglia del cervello in quanto tale. Così, quando si confrontano cervelli maschili e femminili del medesimo volume (che rappresentano il 15-20% dei casi nella popolazione) non si vedono più differenze nelle proporzioni di materia grigia e bianca[13]. In effetti, più un cervello è grosso, più il rapporto tra materia bianca e materia grigia aumenta. Il maggiore sviluppo delle fibre nervose quando il volume del cervello aumenta permette di assicurare una migliore efficacia della propagazione del segnale nervoso tra regioni distanti del cervello. Si comprende perciò che gli studi che confrontano i cervelli dei due sessi senza tener conto della taglia del cervello (cosa che avviene nella maggior parte degli studi) possono condurre a conclusioni erronee sull’origine delle differenze cognitive tra i sessi.

Alcuni studi IRM sullo sviluppo del cervello dall’infanzia all’adolescenza mostrano che fino all’età di 2 anni il ritmo di crescita delle diverse regioni cerebrali è nel complesso identico per i maschi e per le femmine[14]. Differenze tra i sessi sono state osservate a partire dai 5 anni in certe zone del cervello. Non è possibile determinare l’origine, innata o acquisita, di tali differenze. Di fatto, lo sviluppo post-natale del cervello è strettamente legato agli stimoli dell’ambiente e alla storia del bambino. Numerosi studi hanno mostrato che fin dalle prime ore della vita di un bambino gli adulti si comportano diversamente con un maschio o una femmina nelle espressioni affettive, nelle parole, nei contatti fisici, nei giochi, ecc. Queste esperienze del vissuto del bambino possono influenzare il ritmo di crescita di certe regioni del cervello che è particolarmente malleabile – plastico – nei più giovani.

Resta ancora da svolgere un importante lavoro di ricerca sulle mutue interazioni tra i fattori dell’ambiente e i processi biologici dello sviluppo nei bambini. Si tratta di questioni cruciali per capire l’origine dei disturbi del linguaggio e del comportamento come la dislessia, l’iperattività o l’autismo, che colpiscono più i maschi che le femmine. Una chiave decisiva per la comprensione di questi meccanismi risiede nello studio della plasticità del cervello.

 

Differenze tra i sessi e plasticità cerebrale

Cosa rispondere oggi alla domanda: il cervello ha un sesso? La risposta scientifica è sì e no[15]. Sì, perché il cervello controlla le funzioni associate alla riproduzione sessuata. Così, nel cervello femminile troviamo neuroni che si attivano ogni mese per produrre l’ovulazione, cosa che non avviene nei maschi. Ma riguardo alle funzioni cognitive, le conoscenze attuali sullo sviluppo del cervello e la plasticità cerebrale mostrano che ragazze e ragazzi hanno le stesse potenzialità di ragionamento, memoria, attenzione.

Quando il neonato vede la luce, il suo cervello conta 100 miliardi di neuroni, che cessano in quel momento di moltiplicarsi. Ma la costruzione del cervello non è certo terminata, perché le connessioni tra neuroni, o sinapsi, cominciano appena a formarsi: solo il 10% di esse è presente alla nascita. Ciò significa che la maggior parte delle sinapsi si formano a partire dal momento in cui il bambino comincia ad interagire con il mondo esterno.

Il sistema visivo è l’esempio più chiaro. Alla nascita, la visione del neonato è molto sommaria. Solo all’età di 5 anni il bambino possiede capacità visive paragonabili a quelle dell’adulto[16]. Occorrono dunque 5 anni per realizzare il cablaggio dei neuroni che trasportano le informazioni visive dalla retina, al nervo ottico, fino alla corteccia cerebrale dove vengono analizzati i segnali luminosi. Ora, l’impatto della luce sulla retina è una condizione indispensabile perché i neuroni deputati alla visione si connettano correttamente. La mancanza di stimolazione dell’occhio da parte della luce nei bambini affetti da cataratta può condurre alla cecità[17].

Le influenze della famiglia, dell’educazione, della cultura, della società giocano un ruolo enorme nel cablaggio dei neuroni e nella costruzione del cervello[18]. Per esempio, nei pianisti si osserva un ispessimento delle regioni della corteccia cerebrale specializzata nella motilità delle dita e nell’udito. Questo fenomeno è dovuto alla costruzione di connessioni supplementari tra i neuroni. Inoltre questi cambiamenti della corteccia sono direttamente proporzionali al tempo dedicato all’apprendimento del pianoforte nell’infanzia. La plasticità cerebrale è all’opera anche nella vita dell’adulto. Uno studio IRM condotto su autisti di taxi mostrano che le zone del cervello che controllano la rappresentazione dello spazio sono più sviluppate, e questo proporzionalmente agli anni di esperienza di guida del taxi. Anche l’apprendimento di nozioni astratte può comportare modifiche cerebrali. Nei matematici professionisti, uomini e donne, si osserva un ispessimento delle zone della corteccia implicate nella manipolazione mentale dei numeri e dei dati geometrici. Nell’apprendimento della giocoleria, dopo tre mesi di pratica si constata un ispessimento delle regioni corticali che controllano la coordinazione delle braccia e la visione. E se cessa l’allenamento, le zone precedentemente inspessite regrediscono.

Questi studi e molti altri mostra come la storia di ciascun individuo si inscrive nel suo cervello. Ecco perché il volume, la forma, le attività del cervello sono molto variabili da un individuo all’altro. Ragazze e ragazzi, educati diversamente, possono mostrare divergenze di funzionamento cerebrale, ma questo non significa che tali differenze fossero presenti nel cervello dalla nascita, ne che esse vi resteranno impresse. Studi IRM realizzati su vasti campioni mostrano che le differenze tra i cervelli di persone dello stesso sesso sono talmente importanti da superare spesso le differenze tra i due sessi[19]. Ciascuno dei 7 miliardi di individui sul pianeta possiede un cervello unico nel suo genere, indipendentemente dal fatto di appartenere al sesso maschile o femminile.

Il concetto di plasticità permette di superare il dilemma classico che tende a contrapporre natura e cultura. Di fatto, l’innato e l’acquisito sono inseparabili, perché l’interazione con l’ambiente è la condizione indispensabile dello sviluppo e del funzionamento del cervello. L’innato fornisce la capacità di cablaggio tra neuroni, l’acquisito permette la realizzazione effettiva di tale cablaggio. Il sesso e il genere non sono variabili separate, ma si articolano in un processo di incorporazione (embodiment) che indica l’interazione tra il sesso biologico e l’ambiente sociale, e questo fin dalla nascita[20].

 

Costruire una cultura dell’eguaglianza

Tutte queste acquisizioni della neurobiologia confortano e arricchiscono le ricerche delle scienze umane e sociali sul genere che analizzano come si formano le identità e i rapporti sociali tra i sessi. Con buona pace di certi ambienti conservatori, il genere non nega la realtà biologica: al contrario, la integra. Ogni persona umana, per la sua esistenza e per la sua esperienza, è simultaneamente un essere biologico e un essere sociale.

Malgrado questa evidenza, i sostenitori del determinismo biologico delle differenze tra i sessi sono tuttora molto agguerriti. In questo dibattito sociale, è importante che i biologi si impegnino a mettere in discussione le false evidenze che vorrebbero l’ordine sociale un riflesso dell’ordine biologico. Se le ragazze e i ragazzi non fanno le stesse scelte di orientamento scolastico e professionale, non è a causa di differenze nelle capacità cognitive del loro cervello. Se le donne hanno il carico delle attività domestiche, dei bambini e degli anziani, non è a causa di un istinto naturale. Se le donne sono vittime di violenze, la colpa non è del testosterone che rende gli uomini aggressivi. Prendere di petto i pregiudizi essenzialisti è indispensabile per combattere gli stereotipi, portare avanti azioni politiche e costruire insieme una cultura dell’eguaglianza.

 

 



[1] C. Vidal, Nos cerveaux resteront-ils humains?, Le Pommier, Paris 2019.

[2] A. Fausto-Sterling A, C. Garcia, M. Lamarre, Sexing the baby: Part 1. What do we really know about sex differentiation in the first three years of life?, in Social Science & Medecine, 74, 2012, pp. 1684-92

[3] J. De Mendonça,  L. Cossette,  F. Strayer, F. Gravel,  Mother-child ans father-child interactional synchrony in dyadic and triadic interactions, in Sex Roles, 64, 2011, pp. 132-142.

[4] A. Kaiser et al., On sex/gender related similarities and differences in fMRI language research, in Brain Research Reviews, 61, 2009, pp. 49-59.

[5] E. Spelke, Sex differences in intrinsic aptitudes for mathematics and science? a critical review, in American Psychologist, 60, 2005, pp. 950-958; C. Vidal, Nos cerveaux resteront-ils humains?, cit.

[6] J. S. Hyde, E. Janet, J. E. Mertz, Gender, culture, and mathematics performance, in PNAS, 106, 2009, pp. 8801–8807.

[7] C. Andreucci et al., L’organisation des curricula d’éducation technologique dans différents pays européens: approche comparative et impact du point de vue du genre, in Review of science, mathematics and ICT education, 4, 2010, pp. 63-84; C. Hill, C. Corbett, A. Rose, Why so few? Women in science, technology, engineering, and mathematics, American Association of University Women, Washington, DC 2010.

[8] J. S. Hyde, E. Janet, J. E. Mertz, Gender, culture, and mathematics performance, cit.

[9] O. Fillod, Le camion et la poupée: jeux de singes, jeux de vilains http://allodoxia.blog.lemonde.fr/

[10] A. Ruigrok et al., A meta-analysis of sex differences in human brain structure, in Neuroscience and behavioral reviews, 39, 2014, pp. 34-50.

[11] J. Hänggi et al., The hypothesis of neuronal interconnectivity as a function of brain size - a general organization principle of the human connectome, in Frontiers in human neuroscience, 8, 2014, pp. 3-16.

[12] L. Jancke L et al.,  Size, sex, and the aging brain, in Human brain mapping, 36, 2015, pp. 150-69.

[13] E. Luders, A. W. Toga AW, P. M. Thompson PM, Why size matters: Differences in brain volume account for apparent sex differences in callosal anatomy, in NeuroImage, 84, 2014, pp. 820-824.

[14] J. H. Gilmore et al., Longitudinal Development of Cortical and Subcortical Gray Matter from Birth to 2 Years, in Cerebral Cortex, 22, 2012, pp. 2478-2485.

[15] A. Fausto-Sterling A, C. Garcia, M. Lamarre, Sexing the baby, cit.; C. Vidal, Nos cerveaux, tous pareils, tous différents! Belin, Paris, 2015.

[16] O. Braddick, J. Atkinson, Development of human visual function, in Vision Res. , 51, 2011, pp.1588-609.

[17] S. Angeles-Han, S. Yeh, Prevention and management of cataracts in children with juvenile idiopathic arthritis-associated uveitis, in Curr Rheumatol Rep, 141, 2012, pp. 42-49.

[18] A. May A, Experience-dependent structural plasticity in the adult human brain, in Trends in Cognitive Sciences, 15, 2011, pp. 475-482; C. Vidal, Nos cerveaux resteront-ils humains?, cit.

[19] A. Kaiser A et al., On sex/gender related similarities and differences in fMRI language research, in Brain Research Reviews, 61, 2019, pp. 49-59; S. Mueller et al., Individual Variability in Functional Connectivity Architecture of the Human Brain, in Neuron,  77, 2013, pp. 586–595; L. Jancke et al., Size, sex, and the aging brain", in Human brain mapping, 36,2015, pp. 150-169; Joel Daphna et al., Sex beyond the genitalia: The human brain mosaic, in Proceedings of the National Academy of Sciences, 112, 2015, pp. 5468-73.

[20] A. Fausto-Sterling, C. Garcia, M. Lamarre, Sexing the baby, cit.