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Da zero a cinque, formidabili anni

 

apprendimento da 0 a 5 anni formidabili

Da zero a cinque, formidabili anni

 

Maria Castelli

 

Dico la mia sull’articolo di Carlo Barone e Antonio Schizzerotto ‘’A che serve studiare’’ a proposito di ‘’Qualche rimedio per promuovere la mobilità sociale e la riuscita scolastica’’

A pag. 203, in merito al contenimento delle disparità nelle chance di istruzione:

…’’In proposito desideriamo, innanzitutto, richiamare l’esigenza di promuovere lo sviluppo delle competenze nella prima infanzia. Le ineguaglianze educative diventano pienamente visibili alle scuole superiori e all’università, ma esse hanno origine fin dai primi mesi di vita, per effetto delle maggiori stimolazioni cognitive e linguistiche ricevute dai bambini che crescono nelle famiglie più istruite. Poiché l’apprendimento è un processo cumulativo, queste disparità iniziali condizionano seriamente le chance di riuscita scolastica dei bambini di modesta estrazione sociale. Intervenire quindi sull’accessibilità e sulla qualità degli asili nido italiani è prioritario. Inoltre, alle scuole materne è necessario promuovere sistematici interventi di parenting per promuovere l’apprendimento informale in famiglia.’’….

 

Da tanto attendevo di leggere quanto gli AA scrivono a proposito dell’importanza delle azioni che i nidi e le materne possono svolgere per promuovere la crescita dei bambini, attraverso la proposta di attività educative adeguate e di mirati interventi di accompagnamento dei genitori, non sporadici ma continuativi. In tanti anni, ho conosciuto alcune centinaia di bimbi di prima primaria e i loro genitori. Accanto a molti genitori capaci, ho visto un numero importante di adulti che si relazionano ai bimbi come se potessero crescere da soli, come se non fosse un loro preciso compito educarli. Ci sono alcuni aspetti fondamentali per la crescita di un bambino che vanno curati con attenzione prima dei cinque-sei anni.

 

L’autonomia personale è il risultato di un lungo cammino che va promosso a piccoli passi: saper andare in bagno da soli, usare la turca, avere con sé i fazzoletti e soffiarsi il naso, lavarsi le mani, allacciarsi i bottoni, cambiarsi le scarpe annodando i lacci, stare seduti a tavola, tagliare il cibo nel piatto sono operazioni che numerosi bimbi di prima non sanno ancora svolgere da soli pur essendo perfettamente in grado di farlo, se abituati. Per una maestra di prima, dover necessariamente rincorrere queste competenze mancate è un’inutile complicazione che sottrae tempo prezioso che potrebbe essere più utilmente impiegato.

 

L’affettività, che per sommi capi, a quest’età, riguarda la consapevolezza di emozioni e sentimenti, le capacità relazionali e le prime regole essenziali per stare insieme agli altri, è la trama sottesa ad ogni momento del vivere di ciascuno, bambini e adulti. La prima alfabetizzazione è ovviamente in famiglia e continua in ogni altro luogo. Guidare un bambino alla consapevolezza del proprio sentire è cruciale per il benessere personale. In prima, arrivano bambini senza difficoltà o problemi, semplicemente non educati, così egocentrici da richiedere per mesi l’attenzione dell’insegnante: è sempre il loro turno, non sanno aspettare e prevaricano i compagni, impulsivi e irruenti non sono in grado di riconoscere e di gestire i momenti di rabbia e di frustrazione, inevitabili per bambini alle prese con compiti nuovi, sono per terra ad ogni occasione, tengono spesso la voce alta e non sono abituati ad ascoltare, alcuni neppure per pochi minuti. Ne bastano due o tre così in una classe perché ogni attività diventi un’impresa. Da zero a cinque anni, non manca certo il tempo per alfabetizzare “affettivamente” un bambino in famiglia e al nido/ alla scuola materna.

 

L’esperienza diretta del proprio corpo e del mondo, e il linguaggio per condividerla rappresentano il contatto pieno di meraviglia e di curiosità con i diversi materiali, gli oggetti, gli animali e le piante attraverso le mani e tutti gli organi di senso. Giocare, sperimentare e cercare insieme le parole per distinguere, denominare, porsi domande e raccontare sono percorsi irrinunciabili che organizzano il pensiero. In prima, incominciano a lavorare insieme bambini che hanno grande curiosità e desiderio di imparare, ricchi di esperienze, di parole piene di significati e di domande accanto ad altri, quasi un gradiente di competenze, che si accendono solo al momento del gioco che li diverte, oppure che si chiedono che cosa mai voglia da loro l’insegnante se li coinvolge, oppure che non ascoltano la lettura di una storia, oppure che non conoscono le cifre oltre il 5 e si potrebbe continuare.

Classi prime così eterogenee, e non si è fatto volutamente alcun cenno all’eterogeneità delle culture d’origine, richiederebbero di disporre di un tempo dedicato all’organizzazione della classe in piccoli gruppi,  per le discussioni, gli approfondimenti, i recuperi. Ma da molti anni si lavora solo a classe intera, non disponendo più del monte ore necessario ad una organizzazione flessibile. In questa situazione, è frustrante la forte percezione di perdere alcuni alunni ancora prima di incominciare, proprio quegli alunni che più hanno bisogno della scuola per la povertà del contesto famigliare o della scuola materna/nido di provenienza. E’ frustrante perché l’insegnante sa bene che cosa si dovrebbe fare e il più delle volte non può fare abbastanza.