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Capannori, terra di Toscana

 

Capannori

Capannori, terra di Toscana

 

Luciano Luciani

 

A essere sincero fino in fondo, la prima volta che incrociai il territorio di Capannori non è che mi abbia fatto una grande impressione, anzi. Eravamo alla metà degli anni settanta del secolo scorso e della Piana lucchese intercettai soprattutto un caotico mix, figlio di uno sviluppo industriale, urbanistico e abitativo tanto impetuoso quanto disordinato: in una campagna che non era più tale ma nemmeno città, vedevo mescolarsi, senza progetto, fabbrichette e orti, negozi e garage, magazzini e parcheggi, agglomerati anonimi di moderne abitazioni che assediavano e soffocavano antiche residenze rurali... Guasti che hanno pesato e pesano ancora e di cui adulterate, brutte e informi restano non poche visibili tracce.

Poi è accaduto un piccolo miracolo: a partire da circa un quindicennio fa, una nuova leva di amministratori capaci, sensibili al tema ambientale, attenti sia alla tradizione sia all’innovazione, ha saputo gestire in maniera virtuosa questo lembo di Toscana, ha fatto il miracolo e Capannori è rifiorito. E oggi la Piana lucchese e le colline - a nord l’altopiano delle Pizzorne e a sud il monte Pisano per un territorio comunale tra i più vasti della provincia – ci appaiono sì percorse e ripercorse dai segni dell’uomo, ma  secondo un intreccio sapiente: quello che unisce natura e cultura, insediamenti umani e rispetto dell’ambiente. Borghi medievali, corti secolari, ville aristocratiche dai maestosi giardini si armonizzano con innumerevoli, più modesti ma curatissimi, giardini familiari e orti privati trattati con affetto e gratitudine da una generazione all’altra. E poi vigne e oliveti. E acqua, tanta acqua: sorgenti, falde, pozzi e pozze, ruscelli in cui sono stati segnalati non pochi esemplari di tritoni e altri anfibi, che nelle zone lacustri trovano i luoghi più adatti al loro ciclo vitale. Nascono dall’abbondanza di questa fondamentale ‘materia prima’ e bene comune, scenari vegetali  ricchi, vari, diffusi che non hanno nessuna intenzione di cedere il passo alla deprecabile, squallida insensata periferia urbana  datata alla metà del secolo scorso. E così nei boschi collinari possiamo trovare ancora l’ontano nero (Alnus glutinosa), la farnia (Quercus robur), specie idrofile ormai molto rare, come il giaggiolo, il morso di rana (Hydrocharis morsus-ranae), l’erba vescica (Utricularia australis) e alcune felci di elevato pregio botanico. Vaste aree verdi in cui trovano ricetto numerose specie di specie di uccelli migratori, come le cicogne e le garzette.

Attualmente quello capannorese è un territorio, in cui, forse più che altrove in Toscana, la tutela e la valorizzazione dei beni ambientali e dei prodotti tipici costituiscono un originale elemento di attrazione per visitatori che provengono da ogni parte del mondo e offrono importanti opportunità professionali per imprenditori e lavoratori. A Capannori si è capito per tempo che modernità non deve significare abbandono di un patrimonio fatto di storia, sapienza antica, tradizioni, lavoro umano, ma un modo nuovo di intendere il rapporto con il paesaggio, capace di intrecciare insieme attività produttive, protezione e riproduzione delle risorse naturali: sono quindi salvaguardati con attenzione e rispetto i luoghi in cui si espresse per secoli una vivacissima creatività artigianale, tra funzionalità e bellezza estetica, tecnologia e arte. Una ricchezza straordinaria da tutelare e continuare ad alimentare! E non tanto per un’operazione nostalgia, sia pure doverosa, quanto piuttosto per un nuovo, più qualificato rapporto con l’ambiente che ha saputo farsi lavoro e occupazione per produzioni di qualità e strettamente legate alla storia di questo lembo di Toscana. A Capannori storia, arte, ambiente dimostrano di saper incontrare gli interessi di un turismo sempre più qualificato e orientato verso itinerari di pregio e non convenzionali tra tradizione, natura e le doti di accoglienza e ospitalità proprie di un’antica. civiltà contadina.