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Più che affamata, ghiotta

Più che affamata, ghiotta

di Franca Cosci, Vincenzo Terreni


Quando capita di andare a Livorno è difficile non andare verso l’acquario (vedi “Diacinto Cestoni”, l’acquario di Livorno), non tanto per l’acquario, ma per la passeggiata sulla Terrazza Mascagni specialmente dopo il bel restauro di cui conserva la solidità, ma comincia a mostrare la corda per la cura nel mantenimento. Ma, scritte imbrattanti a parte, è un gran bello spettacolo di mare, luce e profumi (cercando di far finta di niente e ignorare l’orrido e imponente scivolo blu). Se non è troppo tardi o troppo affollato ci lasciamo convincere a rimanere a pranzo in uno dei tanti ristoranti che offrono un menù invitante a prezzi non scoraggianti. Un paio di anni fa ci sedemmo proprio di fronte al mare per aggredire con convinzione spaghetti allo scoglio e pasta al cacciucco. Mentre mangiamo facciamo come Montalbano: si mangia e basta, se il cibo è buono, e in quel caso profumi, consistenza, dosaggi tra molluschi e cordati erano ben bilanciati. Non facevamo caso ai volatili, di solito ci sono accordi per la parte loro spettante e il rispetto della tacite regole prossemiche. Non è stato infrequente mangiare in compagnia, anche di anatre strarnazzanti e invadenti che una volta ci assaltarono quasi ai margini di un delizioso laghetto in Abruzzo. Ma i gabbiani non hanno bisogno di becchettare le briciole, i piccioni stanno a distanza e i passeri saettano tra i piccioni fregandoli regolarmente.

Sì, parteggiavamo già allora per i passeri.

La pasta al cacciucco era scura, e saporita, gli spaghetti allo scoglio chiari e delicati. Non era infrequente che un passero, soprattuto le femmine, planasse sul tavolo, ma poi volava via al primo movimento. Salvo una.

 

 

passerotta

Si posò sul bordo del tavolo proprio tra i due piatti e cominciò a guardare, con nonchalance, a destra e sinistra come se valutasse l’offerta. Ci siamo fermati, anzi immobilizzati con la forchettata carica a mezz’aria e la passerotta iniziò ad allungarsi per mantenere i piedi lontani, ma il becco vicino il più possibile all’oggetto del desiderio. Ormai era chiaro che preferiva gli spaghetti allo scoglio e una parte di uno spaghetto penzolava poco fuori del piatto. Continuando ad allungarsi (mai sospettato che potesse arrivare a somigliare a un airone in sedicesimo) controllava la situazione con rapidi movimenti della testa (l’impressione era che dentro di sé sudasse copiosamente). Finalmente si decide: con una rapida presa afferra lo spaghetto tracimato e comincia a tirare perché per la maggior lunghezza era sepolto dagli altri e faceva resistenza. Ormai era in ballo, non poteva mollare: ha tirato voltando con tutte le forze la testa dalla parte opposta fin quando la pasta non è scivolata e lei ha preso il volo con questa appendice più lunga di lei dondolante, ma saldamente trattenuta dal becco.

Volevamo applaudirla, ma nessuno avrebbe capito.

Dopo un po’ tornò ancora per completare la portata e si accontentò di un pezzo più corto.

Peccato non aver la fotocamera! Ma la scena l’abbiamo fotografata dentro ed è così chiara che siamo ritornati tre volte nello stesso posto a prendere la stessa roba, sperando in un bis, ma l’esproprio con destrezza non si è più ripetuto.

Peccato, ma la pasta continua ad essere buona e la Terrazza Mascagni molto bella.