Le domande dell’insegnante
Maria Castelli
Le buone domande sono aperte, mirate e comprensibili, seguite da un ascolto attento delle risposte. Dovrebbero essere poche, perché il discorrere dell’insegnante è emblematico: un esempio del modo di “stare sulle cose” che i bambini acquisiranno come atteggiamento naturale a prestare attenzione.
Come per tutti gli aspetti dell’insegnare, non ci si improvvisa. A porre buone domande si impara ascoltando le risposte dei bambini e riflettendo sul proprio modo di fare lezione: nell’articolo, alcuni esempi.
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“Cercare vere risposte a vere domande” pubblicato in FARE SCUOLA sul numero 3 della rivista 1 entrava nel merito delle domande autentiche e piene di curiosità che bambini e ragazzi pongono in contesti favorevoli, esprimendo il desiderio di capire e di imparare. Le domande degli alunni devono però trovare riscontro nell’autenticità delle domande che l’insegnante rivolge loro per guidarli a definire, circoscrivere, analizzare i problemi prima di affrontarli insieme, assumendo il ruolo di mediatore fra la disciplina e le conoscenze degli alunni.
Riflettendo sull’insegnamento della biologia nella scuola primaria, Maria Arcà scrive: “È molto importante la scelta delle domande iniziali da porre ai ragazzi, che dovrebbero essere estremamente chiare ed aperte. Eccone alcune:
“che cos’è?”
“come pensate che sia fatto dentro?”
“come sarà domani?”
“come sarà tra un mese?” ...
[...] Partendo da queste domande i bambini sanno esattamente di che cosa debbono parlare, e man mano che la discussione procede, si potranno porre domande più precise e specifiche che fanno riferimento alle cose che sono state dette e viste. In questo modo si può creare un buon “contesto per pensare” a proposito di qualcosa di concreto. […] Questa attività di discussione a tema potrebbe diventare il filone metodologico portante per tutto il curriculum di scienze biologiche: il contesto “ufficiale” nel quale si elaborano le idee, si mettono in comune modelli mentali e spiegazioni, si concorda su alcuni punti fermi validi per tutti, si sintetizzano cose dette durante un certo periodo di lavoro. L’insegnante, lungi dall’essere assente o neutrale, esercita la sua azione di guida proponendo sempre nuove osservazioni e nuovi approfondimenti, spingendo i ragazzi a verificare la coerenza e la sensatezza di quello che dicono, con domande e richieste di chiarimenti ma nello stesso tempo deve avere la disponibilità (e la pazienza) di seguire fino nei minimi dettagli quello che i bambini cercano di dire, mettendo in discussione anche le cose che lui stesso, come adulto, sa, o crede di sapere, se in un certo contesto di discorso esse si rivelano incapaci di spiegare quello che i bambini stanno cercando di capire.” 2
Come per tutti gli aspetti dell’insegnare, non ci si improvvisa, ma si impara anche dai riscontri, di giorno in giorno, distinguendo ciò che funziona da ciò che va cambiato. Così è per le domande: quelle buone e quelle sbagliate. Le prime, pur se aperte, sono mirate e denotano che l’insegnante sa che cosa vuole chiedere: intende indagare il punto di partenza, vuole capire che cosa interessa agli alunni e come poter lavorare con loro, è attento a cogliere le difficoltà di comprensione, le ambiguità e i malintesi. Le buone domande sono comprensibili dagli alunni, consentono loro di rispondere e sono seguite da un ascolto attento delle risposte. È opportuno che siano poche, perché il discorrere dell’insegnante dovrebbe essere emblematico, un esempio del modo di “stare sulle cose” che i bambini possono acquisire per imparare a stare al tema, abbandonando man mano l’approccio “ipertestuale” che spesso connota i loro interventi.
Domande per iniziare
Nella scuola primaria, si progetta a grandi linee, definendo man mano le tappe. La direzione a breve termine e il ritmo di lavoro si calibrano sulla base delle risposte dei bambini, anche alle nostre domande. All’inizio di un percorso, o di una nuova fase del lavoro, esse saranno mirate a sondare le conoscenze e le curiosità dei bambini, promuovendo allo stesso tempo motivazione ed interesse e portando l’attenzione su oggetti, su situazioni ed esperienze intriganti e provocatorie. È utile richiamare attività e osservazioni precedenti e stimolare proposte su ciò che si pensa di fare. Sono preferibili domande poco definite, al limite del vago, per non dare indicazioni, ma ottenerle. Saranno domande del tipo:
- Che dite di…?
- Ne sapete qualcosa?
- Vi interesserebbe…?
Sono le più facili da porre, ma occorre aver ben chiari gli scopi.
IL BATTITO DELLA VITA (Progetto EST, Regione Lombardia) classi prima e seconda
Con lo stetoscopio, i bambini avevano ascoltato il cuore pulsare e cercato con curiosità e divertimento i molti modi di usare la parola cuore nel linguaggio comune. Era il momento di fare una ricognizione per scegliere fra le varie attività ipotizzate.
Che cosa sapete già del cuore e del suo battito?
El. – Ho sentito la mamma dire al telefono che il cuore della nonna aveva smesso di battere e che non respirava più. Quando sei vivo il cuore batte e respiri.
I nessi cuore che batte – vita e cuore che non batte - morte emergono subito, insieme al bisogno di soffermarsi a raccontare le poche esperienze dirette della morte.
N.e T. - Respiriamo con i polmoni, i polmoni prendono l’aria.
R. - Se nei polmoni entra anche tanto fumo come quello delle sigarette, i polmoni si ammalano e si può morire.
Non ho ben capito che c’entrano l’aria e i polmoni con il cuore. Mi spiegate meglio?
Nessuno sa aggiungere di più.
M. - Il cuore delle chiocciole e delle dafnie nell’acqua del fiume batteva veloce, questi animali sono piccolissimi.
G. – Di che colore è il cuore?
F. - È marrone rossiccio.
Ma. - Non ha proprio la forma che gli diamo nei nostri disegni, è più tondo.
El. - Il cuore degli animali è un po’ diverso dal nostro.
V. - Dal cuore escono dei tubi.
S. e F. – Si chiamano vene e arterie.
Mi. - Ci sono due tipi di vene: le vene che portano il sangue sporco e le arterie che portano quello pulito.
Molti ritengono che il cuore sia pieno di sangue e quando pulsa lo spinge in questi tubi nei quali il sangue scorre per andare in tutte le parti del corpo e tenerle vive.
Le vene sono come le strade a senso unico dove le macchine viaggiano in un solo senso oppure sono come le strade in cui le macchine vanno e vengono?
F. - Le vene si girano per riportare il sangue al cuore.
M. - Si vede quando ti ferisci che in tutto il corpo c’è il sangue.
N. - Il sangue si forma nel cuore mentre batte o forse il cuore lo assorbe, lo risucchia.
P. - Questo è il sangue vecchio, che è già stato pompato dal cuore.
Pa - È il cibo a formare sangue nuovo, ma il cibo non va nel cuore, va nello stomaco.
Mir.- Forse il sangue pulito pulisce quello sporco, forse si mescolano tante volte.
M.D.- Le vene si vedono blu, ma il sangue è rosso. Nelle favole si legge “avere il sangue blu”, che cosa vuol dire?
Rispondo che è un modo di dire e ne spiego il significato.
Il cuore degli animali è come quello dell’uomo?
Qualcuno fa riferimento all’osservazione diretta per aver visto quello di un maialino sventrato, oppure alle illustrazioni sui libri e sostiene che più o meno è come il nostro. Altri dicono che gli animali sono tanti e diversi nella forma, quindi anche il cuore sarà diverso dal nostro, pur svolgendo la stessa funzione.
E come respirano gli animali?
Quasi tutti concordano che gli animali che vivono in ambiente aereo respirano aria più o meno come noi attraverso narici e polmoni, mentre gli animali che vivono in ambiente acquatico si servono delle branchie. Qualcuno alleva dei pesci rossi o possiede un acquario e descrive il funzionamento delle branchie.
C. - Non tutti gli animali che vivono in acqua hanno le branchie: le balene e i delfini...
Ma. - Certi animali non respirano e restano vivi ugualmente.
M. – Ma se respiriamo noi per restare vivi, anche gli animali respirano. Qualcuno in un modo, qualcuno in un altro.
Dalle risposte si possono ricavare molti indizi intorno alle conoscenze che riguardano il cuore: l’immediata associazione movimento - vita, se c’è il battito del cuore c’è anche la respirazione, la correlazione fra le dimensioni del cuore e quelle del corpo di un animale, la necessità di conoscere com’è fatto il cuore per capire come funziona, l’esistenza dei vasi sanguigni in qualche modo in relazione fra loro, con il cuore e con il sangue, il funzionamento degli organi “in simultanea/in correlazione”. La curiosità verso la struttura del cuore e dei polmoni e l’intuizione del corpo come sistema di organi indicano di proseguire con la costruzione di modellini e l’osservazione diretta di cuori e polmoni di animali che fanno parte della nostra dieta.
Le domande nei momenti cruciali
Dopo esperienze importanti, è utile prestare attenzione ai commenti liberi fra i bambini o richiedere un testo “a caldo”; basta un semplice:
“Com’è andata, che dite? Che vi è sembrato?”
Anche un giro di interventi può dare molto materiale sul quale riflettere per proseguire nel modo più proficuo. È il caso di attività particolarmente coinvolgenti come le nascite (es. schiusa di uova di gallina, sfarfallamento di Lepidotteri), l’osservazione diretta di organi di animali come cuore o polmoni, l’intervento in classe di esperti capaci di comunicare con i bambini, visite guidate o partecipazione a spettacoli di teatro-scienza, momenti di narrazione suggestivi.
Negli snodi determinanti di un percorso, occorre valutare se tutti trovano ancora senso in ciò che si sta facendo, oppure se ci sono difficoltà e si sta perdendo qualcuno lungo il cammino. Silvia Caravita 3 propone alcuni suggerimenti:
- non chiedere i perché ma i come dei fenomeni di cui si parla;
- riformulare qualcosa che è implicito in ciò che è stato detto e non è stato colto, non con l’intento di forzare verso l’interpretazione che vorrebbe l’insegnante, ma per rendere più chiaro cosa è stato detto;
- più volte durante il discorso, ripetere cose fin allora dette per fare il punto di dove si è arrivati;
- mostrare relazioni tra osservazioni o tra affermazioni di bambini diversi.
E consiglia domande mirate e precise, indispensabili per definire/circoscrivere/rendere chiari a tutti i problemi in gioco, per rilanciare ciò che si ritiene di riprendere o di approfondire:
Abbiamo notato che… ma ora che cosa vogliamo capire?
Mi sembra che voi pensiate …
Credo che siate d’accordo sull’idea…
Fatemi capire meglio…
Come fai a dire che …? per indurre le prime riflessioni metacognitive.
Che cosa succederebbe se …? per abituare a ragionare su alternative.
Sono questi interventi fondamentali per far emergere le dissonanze cognitive e tracciare il percorso di lavoro.
ALLA VENDEMMIA classe prima
A scuola iniziata da pochi giorni, si raggiunge il vigneto, per partecipare alla vendemmia e alla spremitura dell’uva, operazione quest’ultima che si ripeterà a scuola con l’uva che viene regalata. Ogni fase dell’esperienza prevede momenti di osservazione, assaggio (di vino, giusto un cucchiaino), discussione, disegno, racconto. Il focus del percorso sono le trasformazioni e accorgersi del cambiamento di sapore è essenziale perché, insieme alle bolle di anidride carbonica, permette di percepire gli effetti della fermentazione.
Sfogliando il quaderno si ripercorrono le tappe dell’esperienza, a partire dall’uscita alla vigna. I bambini osservano che tante cose sono state fatte….
- È passato il tempo …. osserva subito B.
Si contano sul calendario quanti giorni sono passati: 50 giorni, quasi due mesi
- E l’uva?
Li. - L’uva non c’è più, l’abbiamo mangiata e schiacciata.
Altri - Al posto dell’uva abbiamo il vino adesso.
Dunque, prima l’uva, poi il succo e il mosto, adesso il vino, e voi avete assaggiato sempre...
Molti - Il sapore è cambiato.
Rileggiamo le diverse descrizioni sul cartellone dei sapori.
Il sapore dolce è andato via e sono venute le bollicine che nell’uva e nel succo non ci sono. Le abbiamo notate la prima volta osservando il mosto, a galla, fra le bucce.
Guardiamo sulla lim le tre foto dell’ultima discussione: l’uva, il mosto e il vino. Riprendiamo le osservazioni della lezione passata.
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Avete pensato? Vi è venuta qualche curiosità?
Ale. – Perché il sapore dolce è andato via?
L. – È cambiato il sapore…
Qualcuno vuole spiegare la domanda di Ale.?
Cr. – Ale. vuole dire come ha fatto il dolce ad andare via.
C. – È successo perché è passato il tempo…
Ale. – Come ha fatto il tempo a mandare via il sapore dolce?
Le caramelle che porto a voi restano dolci anche se il tempo passa ...
M. – Eh ma ne è passato poco, se di tempo ne passa tanto vedrai!
Per il momento sono contenta che un problema sia stato posto: come ha fatto il sapore del mosto a cambiare? E insieme c’è un’ipotesi interessante: il sapore è cambiato perché è passato il tempo. Deve passare del tempo perché il sapore cambi ed altre trasformazioni avvengano, non accade immediatamente.
Le domande sul linguaggio
È frequente imbattersi in problemi di lessico, che spesso non sono evidenti e non vengono colti. Si impara con l’esperienza a riconoscere le difficoltà di comprensione dovute spesso ai differenti significati attribuiti alle parole e alle frasi dagli adulti e dai bambini e ragazzi. È indispensabile in generale indagare i significati delle parole, ancor più se rappresentano concetti chiave come, ad esempio, marcire ed equilibrio. Marcire è un cambiamento che avviene nel tempo di cui viene percepita la causa. Equilibrio presuppone di porre in relazione due o più entità ed è un concetto fondamentale, non solo in educazione scientifica, dato che investe molti altri ambiti, ad es. lo stile di vita come si vede dalla discussione.
CHE COS’È MARCIRE? Classe quarta
Proseguendo il lavoro con il terrario dei lombrichi, si osservano le due compostiere preparate da mesi in giardino. Che cosa sta succedendo nelle compostiere? Si vuole portare a riflettere sulla decomposizione dei viventi e sugli organismi che se ne occupano, facendo poi scoprire che ciò che avviene nelle compostiere non è diverso da ciò che avviene in ogni cm quadrato di giardino.
C. – Le larvette magari sono diventate mosche, anche le piantine saranno cresciute.
Ale. – Forse ancora qualche altro lombrico sarà entrato….
E.- Magari altre mosche hanno lasciato uova.
A.- Le foglie che c’erano dentro saranno marcite.
I. M. – I lombrichi che erano piccoli saranno più grandi…
G. – Le larve saranno diventate adulte e avranno fatto i piccoli…
E. – Magari nel terreno che abbiamo messo ci sono altri semi e altre uova…
G.C. – I rifiuti che aveva messo la nonna di Simone forse i lombrichi li hanno mangiati, quelli che abbiamo messo noi li staranno mangiando adesso….
A. ha detto che le foglie saranno marcite. Che cos’è MARCIRE?
I.P. – È andare a male, come il latte.
C. – Come la carne, come i cibi che fanno la muffa… non sempre si fa la muffa…
L.- Come sulla passata di pomodoro se non la adoperi tutta e la lasci lì fa la muffa.
S. – Anche le mele…
S.C. – È il contatto con l’aria che fa marcire i cibi.
D. – Se un cibo è scaduto perché l’hai tenuto troppo tempo marcisce.
S. – Bisogna conservare in frigo per non far marcire.
M. – Se cuoci la carne si conserva più a lungo.
A. – Marcire è come morire, come le foglie quando cadono.
N. – Decomporsi è come polverizzarsi, marcire è diverso.
MARCIRE - AMMUFFIRE – DECOMPORSI sono tre parole sulle quali occorre fare chiarezza con l’aiuto di alcune esperienze.
Da alcune settimane si segue la crescita delle muffe sul pane, sui limoni, sul formaggio e sulle fragole per arrivare a comprenderne il ruolo.
In giardino, dopo un anno, si svuotano le compostiere per osservarne il contenuto e registrare quanto osservato. Viene individuato subito l’odore di terra bagnata e di muffa e si vedono fuggire a nascondersi alcuni millepiedi e 3 o 4 lombrichi neppure tanto piccoli. Non ci sono più resti di cibo ben riconoscibili ma foglie sminuzzate marce e rametti neri. Alcune piantine nuove verdi sono cresciute da poco qua e là.
Che cosa succede a ciò che muore e rimane sul terreno, all’aria e all’acqua?
G.C.- All’acqua sono marciti…
A. – Le cose vive si sono decomposte.
Marcire e decomporsi era proprio il punto dove eravamo rimasti. Come sono avvenute le trasformazioni che abbiamo osservato?
C. – Puzzano, sono nere e ammuffite adesso le cose che prima erano vive.
E. – Lombrichi e millepiedi sono andati nella compostiera a mangiare.
Ga. - ...sono andati a consumarle…
A. – decomporsi vuol dire che il loro corpo si disfa…
G. - non sta più insieme, come una frase senza il verbo (come dice maestra Elena)
G.C. – questi rifiuti vanno a far parte della terra.
E poi nella terra potranno nascere nuove piantine o la terra sarà cibo per un lombrico e diventerà … lombrico.
I bambini dicevano che il cibo diventa parte del loro corpo; il lombrico mangia terreno e questo diventa parte del suo corpo.
UN GIUSTO EQUILIBRIO classi terza, quarta e quinta
Il giardino è uno degli spazi preferiti e meglio conosciuti della scuola. È stato il luogo delle attività sul campo per l’intero quinquennio e quella che segue è la sintesi delle osservazioni sulle relazioni trofiche, il punto di partenza di altri lunghi ragionamenti
Ora che il grafico è finito, che dite? Che cosa notate?
R. – Gli uccelli hanno una dieta più varia e più ricca.
C. – Gli animali che mangiano vegetali vengono mangiati da altri…
Molti - …a parte noi e gli uccelli.
N. – Bruco, cavalletta, afide e ragno hanno il colore del loro cibo.
L. – Sul cartellone tutti sono viventi, tranne i rifiuti e il terreno.
P. – Se muoiono i vegetali, muoiono gli erbivori e anche i carnivori.
S. – I carnivori non avrebbero più cibo.
Ma., nuovo iscritto – Avete fatto la rete alimentare dei viventi nel giardino.
Mi. – Si vedono gli erbivori e i carnivori.
S. – Anche nell’acqua del fiume se morivano le alghe tutti morivano.
P. – Invece se muoiono tutti i carnivori che cosa succede?
L. – Gli erbivori diventano tantissimi perché non ci sono animali che li mangiano… vivrebbero di più gli erbivori e si mangerebbero tutti i vegetali...alla fine allora muoiono tutti.
Mi. – Dev’esserci un giusto EQUILIBRIO: anche i carnivori sono utili perché mangiano un po’ di erbivori in modo che i vegetali non spariscano del tutto.
Ritorno alcuni giorni dopo sulla parola equilibrio: la mia impressione è che chi l’ha usata l’abbia fatto con una certa consapevolezza e con proprietà, mentre i più siano ben lontani.
Chiedo che cosa intendano per equilibrio.
La prima risposta a bruciapelo è infatti: ”Equilibrio è stare ben dritti e non cadere…”.
Occorrerà dedicare una riflessione con calma un’altra lezione.
G. – Ci sono due significati. Il primo è stare sopra qualcosa con fatica ma non cadere. Il secondo è quello del giardino.
Alla mia richiesta di pensare un esempio diverso, la stessa bambina risponde: ad esempio macchine e bici; troppe macchine inquinano, ma troppe bici vuol dire che spostarsi sarà più faticoso.
M. C. – Equilibrio vuol dire anche che c’è una bilancia con due piatti, su uno metti un sasso grande e il piatto va giù, l’altro piatto con un sasso piccolo e meno pesante sta su. Non c’è equilibrio.
G. G. – Bisogna avere equilibrio anche a tavola. Se mangi troppo rispetto a quello che ti sfama, dopo ti viene sonno e ingrassi.
I. – Anche quando scegli i cibi devi farlo con equilibrio: non troppi grassi, né troppi dolci, né troppa verdura e basta.
G. Ge. – Anche quando ti vesti, non devi coprirti esagerando perché avresti troppo caldo, invece se ti copri troppo poco, hai freddo.
A. – Se guardi troppo la TV, ti fanno male gli occhi e ti viene sonno, occorre fare una scelta ragionevole.
M. – Troppi compiti non vanno bene, perché pensi sempre alla scuola. Troppo pochi non ti alleni. Se stai troppo fermo ti impigrisci e se ti muovi troppo ti stanchi molto e diventi magro come uno stecchino.
V. – Troppa pioggia provoca allagamenti, troppo poca lascia tutto secco.
M. G. – Ma i due significati della parola equilibrio coincidono perché quando stiamo in equilibrio dobbiamo bilanciare il nostro peso un po’ a destra e un po’ a sinistra.
Ci si potrebbe soffermare anche sulle conseguenze dell’assenza di equilibrio, nelle diverse situazioni, anche quelle che riguardano la qualità della nostra vita e di quella della Terra. Interrogare le parole ci porta a comprenderne pienamente il significato, ad allargare la nostra visuale e ad assumere un atteggiamento indagatore anche quando ci imbattiamo in altre parole così tanto pervasive.
Maria Arca’5 osserva a questo proposito che “una sistematica abitudine alla discussione scientifica offre molto di più che un appiglio per fornire spiegazioni. Attraverso la discussione i bambini si pongono personalmente dei problemi e imparano ad abbozzare modi di vedere le cose nei quali un certo numero di questioni trovano una risposta convincente. Oltre a questo essi si avvicinano fin da piccoli ad una pratica dialettica continua, arrivando ad apprezzare il piacere di mettere in discussione ciò che si pensa, il piacere di confutare altri modi di pensare e quello di riconoscere l’efficacia di una spiegazione di un compagno o dell’insegnante e di farla propria. Non dimentichiamoci che capire le cose – prima di essere un necessario dovere per inserirsi nel mondo culturale che circonda il bambino – è una profonda gratificazione personale.”
Buone domande e non solo
Se è cruciale porre buone domande, Silvia Caravita osserva tuttavia che “i messaggi non verbali comunicati dall’insegnante sono forse quelli che arrivano più direttamente ai bambini e mostrano la sua emotività e il suo interesse per le cose che si fanno e si dicono”. 4
Dunque il lavoro insieme ai bambini richiede al docente di fare attenzione al modo di stare con loro, al proprio modo personale di porsi: attenzione sì a ciò che dice ma anche a come lo dice. L’interesse, la curiosità, la passione per la disciplina che si insegna e la motivazione a stare a scuola sono trasparenti e sempre ben leggibili dagli alunni, con perspicacia e sensibilità diverse, dall’infanzia alla secondaria.
Note
(1) Arca’ M, Mazzoli P, Cercare vere risposte a vere domande, Naturalmente scienza vol. 3:66-72, Pisa, ed. ETS,
2021 https://www.naturalmentescienza.it/sections/?s=3037
(2) Arcà M, Mazzoli P, Sucapane N, Osservare i viventi, 64-65, Pisa, ed. ETS, 2021
(3) Formazione docenti, Caravita S, Attività laboratoriale “Per la conduzione delle conversazioni con i bambini: le
domande dell’insegnante” https://www.naturalmentescienza.it/sections/?s=583)