Raccomandazioni preliminari per la Ricerca-Azione
Silvia Caravita
Ha iniziato la sua carriera di ricercatrice del CNR nel 1963 presso il Centro di Neuroembriologia nella Università di Roma "La Sapienza". Nel 1975 ha cambiato radicalmente il suo ambito di attività trasferendosi presso l'Istituto di Psicologia del CNR (Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione) dove con i colleghi del Reparto di psicopedagogia ha cominciato ad occuparsi dei processi di apprendimento ed insegnamento nella scuola elementare. La sua attività si è concentrata sull'educazione scientifica, sullo studio delle rappresentazioni di senso comune sul mondo vivente, sui modi di organizzare la conoscenza nell'interazione con gli altri, in situazioni di lavoro su aspetti concreti, in momenti di rappresentazione e comunicazione delle conoscenze. Le riflessioni sulle caratteristiche di "ambienti" capaci di promuovere l'evoluzione di modi scientifici di guardare e interpretare la realtà sono state arricchite anche dalla collaborazione con la sezione didattica del Museo Civico di Zoologia di Roma. La formazione degli insegnanti costituisce un altro settore di attività, anche come docente della SSIS presso l'Università Roma Tre. Ha coordinato il Piano ISS - Insegnare Scienze Sperimentali.
Paolo Guidoni Raccomandazioni preliminari per la Ricerca-Azione
Si può fare educazione scientifica a partire dalla scuola per l’infanzia? Quale? # Ragionare con le “cose”, sulle “cose” # Criticità e potenzialità della mediazione dell’insegnante # La conoscenza del vivente: modi di essere, di diventare, di entrare in relazione # Materiali dei viventi: come sono dentro? # Le proposte di percorso concordate nel progetto “Prima scienza” # Noi e l'ambiente # Letture suggerite #
Commenti sparsi e suggerimenti sulla distinzione vivente/non vivente # Non perdiamoci la Primavera! # Per la conduzione delle conversazioni con i bambini
Si può fare educazione scientifica a partire dalla scuola per l’infanzia? Quale?
La risposta data dalle ricerche sullo sviluppo cognitivo in età evolutiva e sui processi di apprendimento è: “sì”. E può essere ben argomentato, come per esempio in un articolo della rivista dell’Institut National de Recherche Pédagogique francese (Ledrapier, 2010).
Nella pedagogia è ormai indiscussa l’idea che la conoscenza si costruisce attraverso un processo in cui ognuno deve essere protagonista attivo e non soltanto recettore. Per questo nella didattica è diffusa, specialmente nei primi anni di scolarizzazione, la pratica di fare esperienze con i bambini, di rivivere insieme la manipolazione di oggetti e materiali, la percezione di fenomeni comuni, per dare senso a scoperte, discutere le osservazioni e le idee che ne derivano.
Non è corretto però identificare solamente questo con educazione scientifica. Ci sono punti di contatto tra il fare/pensare/dire degli scienziati e il fare/pensare/dire dei bambini, ma questi vanno fatti emergere attraverso una deliberata mediazione didattica. L’attività di scoperta ha bisogno di essere sostenuta dall’insegnante in vari modi:
- dal fatto di selezionare, collegare molteplici esperienze attorno a fenomenologie in modo che nel gruppo di bambini che forma la classe si possa consolidare un nucleo di riferimenti empirici comuni;
- dal fatto di accorgersi delle “sorprese” dei bambini di fronte a fatti che non corrispondono alle aspettative per farle diventare motori di ricerca, in modo da valorizzare e di stimolare soprattutto la capacità di problematizzare (non di cercare soluzioni a problemi posti da altri) ciò che si sperimenta del mondo. Sapersi interrogare, inventare obbiettivi da raggiungere, lambiccarsi sul come più che sul perché, conservando la spontanea fiducia in sé che i bambini hanno (se non è già stata incrinata), sono atteggiamenti cognitivi ed emotivi preziosi, che spesso da adulti si fatica a recuperare.
Altre due caratteristiche del pensiero scientifico possono essere coltivate dall’educazione già nei primi anni:
- la elaborazione di relazioni tra fatti o tra fattori che producono variazione nei fenomeni;
- la modellizzazione, cioè la elaborazione di sistemi interpretativi che vengono applicati ai dati di realtà e modificati qualora l’evidenza dimostri che non sono utili per fare previsioni su quanto accade.
I bambini fanno queste operazioni ma non in modo consapevole e, fuori dalla scuola, non hanno spesso l’opportunità di esplicitare questi loro ragionamenti. Per questo è determinante la funzione culturale della scuola.
Ragionare con le “cose”, sulle “cose”
Noi adulti spesso diamo per scontate le conoscenze sul mondo che crediamo di avere acquisito, ci fidiamo delle idee che ci siamo fatti delle cose che entrano nella sfera della nostra esperienza quotidiana. Non ci viene tanto naturale continuare a guardarci attorno con occhi che interrogano le cose, che scovano le loro particolarità, con sguardi capaci di accorgersi di certe singolarità che mettono in dubbio le nostre immagini mentali.
Salvo quando queste discrepanze sono tali da “saltarci agli occhi”, da sorprenderci e metterci in stato di allerta, perché se le cose non stanno come pensavamo ne potrebbero anche derivare conseguenze che ci riguardano da vicino. O anche, quando ci troviamo in un ambiente diverso da quello a noi familiare, scattano comportamenti esplorativi, in cui tutti i sensi vengono a fior di pelle, che è il confine che ci separa dal fuori di noi. È per questo che ci piace tanto spostarci altrove e viaggiare, ma ci inquieta anche!
Questo modo di funzionare dei nostri sensi e della nostra mente è quello che l’evoluzione ha selezionato, è quello che ci rende adeguati, stabili e nello stesso tempo flessibili.
Però la cultura umana ha percorso anche strade inverse: ha scoperto la possibilità, anche da adulti, di ripartire con gli occhi e i sensi della nostra infanzia, appoggiandoci però a idee che prendiamo in prestito dal gruppo sociale, come strumenti, raffinati nel corso della storia, per fare giochi intellettuali con la realtà. Giochi di scienza, giochi d’arte, giochi di linguaggio, giochi di logica…
Quando l’insegnante si mette accanto ai bambini che guardano il mondo accetta la condizione di iniziarli a questo tipo di giochi, giocandoli in prima persona.
Aiutato dai bambini a ritrovare sguardi aperti che si confrontano con la concretezza resistente delle cose, si troverà nella condizione ideale per cercare nella sua esperienza culturale gli attrezzi, gli espedienti, le tecniche che fanno al caso, per usarli con i bambini piegandoli alle esigenze della situazione, riscoprendone potenzialità di interpretazione, di espressione, di arricchimento del mondo.
Abbandonarsi ai bambini e lasciarsi portare dai loro modi di mettersi in rapporto con le cose forse è la parte più facile (e piacevole) dell’impresa: quello che è difficile è non cadere nel comodo tranello di far finta di essere bambini!
Molta della professionalità dell’insegnante, tanto più nei primi anni della scuola, riguarda la capacità di usare e far usare gli strumenti che la cultura mette a disposizione però senza banalizzarli e senza riprodurre modi stereotipi, ma sapendoli re-inventare così da arricchire i bisogni di conoscenza dei bambini pur rispettando i loro scopi.
Criticità e potenzialità della mediazione dell’insegnante
Per quanto riguarda le scienze naturali e la biologia, le proposte di attività con i bambini, discusse con gli insegnanti che hanno aderito al progetto, sono in continuità con percorsi generalmente intrapresi nelle scuole:
- osservare e prendersi cura di piante e animali,
- manipolare materiali,
- far succedere piccoli fenomeni,
- concentrarsi sul proprio corpo e le proprie sensazioni, fare confronti con altri e accorgersi di somiglianze e differenze.
Cuore della sperimentazione è però la valutazione delle condizioni per svolgere queste attività, i modi di presentarle, i tempi necessari, le fasi, i modi di interagire con i bambini nei discorsi, in modo da capire quanto gli ambienti di apprendimento creati siano adeguati per aggiungere significato alle idee che i bambini hanno già sul mondo vivente, per confrontarle con altre.
Bruner (2002) scrive: “fare significato implica situare gli incontri con il mondo nel loro contesto culturale appropriato, al fine di sapere ‘di cosa si tratta in definitiva’. Benché i significati siano ‘nella mente’, hanno origine e rilevanza nella cultura in cui sono stati creati (…) Il punto non è se esistano o meno dei ‘significati privati’; quello che conta è che i significati costituiscono la base dello scambio culturale. In quest’ottica il conoscere e il comunicare sono per loro stessa natura profondamente interdipendenti, direi anzi praticamente inseparabili. (...) È la cultura che ci fornisce gli strumenti per organizzare e per capire il nostro mondo in forme comunicabili” (p.17).
Più avanti Bruner sottolinea la “netta linea di demarcazione che separa il fare significato dall’elaborazione delle informazioni. Le regole comuni a tutti i sistemi di informazioni non valgono per i processi disordinati, ambigui e sensibili al contesto del fare significato (degli umani) (p.19). … a differenza dell’elaborazione di informazioni (il fare significato) è una operazione interpretativa, carica di ambiguità, sensibile al particolare contesto, e spesso avviene a posteriori” (p.20).
È dunque con questo tipo di processo che dialoga l’intervento didattico. Occorre domandarsi se e come le idee dei bambini possono evolvere verso le concezioni sul funzionamento della vita che la scienza mette a disposizione nella nostra cultura attuale. Concezioni scientifiche che integrano conoscenze con modi di guardare ai fenomeni biologici, con modi di indagare e di organizzare informazioni nuove, e che permettono di muoversi meglio nelle situazioni di vita quotidiana, talvolta problematiche. Non sempre, infatti, anche da adulti si fanno scelte adeguate quando ci si confronta con il mondo biologico. Qualche esempio. È una utile e spontanea strategia cognitiva quella di proiettare sugli altri viventi la conoscenza che si ha di se stessi, dei propri bisogni, intenzioni, cambiamenti. Nonostante sia rimproverata come visione antropomorfica da far rapidamente superare con l’istruzione, essa permette di capire abbastanza sulla natura dei viventi e induce rapporti di tipo affettivo che sono anche alla base di atteggiamenti di empatia e di rispetto.
Invece l’ideologizzazione della realtà biologica (la “Natura”), la proiezione di criteri etici o sociali che appartengono alla cultura umana nell’interpretazione degli altri viventi non solo è inutile ma fa confusione tra i modi di funzionare della realtà biologica e quelli della società umana: quelli si sono evoluti all’interno di vincoli fisici e ambientali, questi dipendono da vincoli, regole e fini creati/scelti/subiti dalla comunità umana in tempi storici.
0 ancora: molti aspetti sperimentabili trovano spiegazione in cose che appartengono alla struttura invisibile del vivente o comunque non sperimentabile; però, non si “smonta” una formica come si farebbe con un giocattolo meccanico o con un pezzo di legno. D’altra parte dare informazioni ai bambini su quello che non sanno può essere dannoso se acquieta una loro curiosità immediata, fornisce un termine corretto ma blocca il ragionamento e non introduce stimoli per andare avanti.
Invece, attirare l’attenzione sul “cosa succede dentro quando…”, su “cosa entra e cosa esce … come e dove va”, su “cosa cambia dentro rispetto a ciò che vediamo cambiare fuori”, formulare domande giuste al momento giusto, ricordando e mettendo in relazione esperienze già fatte sono strategie per cominciare a costruire modelli, magari passando attraverso analogie che possono funzionare bene per il momento e che solo più avanti saranno riconosciute come parziali o inadeguate. Sempre per citare Bruner: “L’arte di sollevare interrogativi stimolanti è probabilmente importante quanto l’arte di dare risposte chiare. E dovrei aggiungere: l’arte di coltivare queste domande, di tener vive le buone domande è importante quanto le altre due. Le buone domande sono quelle che pongono dei dilemmi, che sovvertono le verità ovvie o canoniche e impongono alla nostra attenzione le incongruità” (p.141).
I bambini cominciano fin dai primi mesi di vita a formare categorie di cose e di fenomeni per aggiustare le loro aspettative verso gli eventi della realtà che li circonda. Fanno molto presto distinzioni tra il dominio degli ‘oggetti’ viventi e del mondo fisico, e attribuiscono via via una specificità di principi che forse ha origine anche nella lunga storia evolutiva della specie, in quanto risponde a regole di adattamento all’ambiente in cui la specie umana si è evoluta. L’obiettivo scolastico di insegnare la distinzione tra vivente e non vivente appare molto ingenuo, da un parte e dall’altra impossibile, dal momento che neppure la scienza moderna concorda su una definizione di vita.
Contemporaneamente, però, si può dire che i bambini hanno uno sguardo olistico, perché non separano in parti ciò che si manifesta nella sua globalità; in questo modo sono ancora capaci di cogliere o forse intuire l’intreccio tra le parti che è ciò che produce risposte coerenti. Per intenderci: non hanno un concetto di organismo, ma considerano e parlano di corpo e del funzionamento degli altri viventi in quanto appunto corpi.
La scuola, invece, ha una gran fretta di distruggere questo sguardo e di presentare la realtà in pezzi, in parti di un tutto, in categorie di analisi senza poi preoccuparsi molto di rimettere tutto insieme e lavorare su connessioni, discontinuità, interazioni, scambi,… .
Almeno la scuola dell’infanzia potrebbe sottrarsi a questa corsa!
La conoscenza del vivente: modi di essere, di diventare, di entrare in relazione
La progettazione di possibili percorsi d’apprendimento deve tener conto di un quadro di sfondo che suggerisce la mappa e le mete. Quello che propongo è sintetico da una parte, e troppo generale dall’altra, ma contiene alcuni punti di riferimento validi a prescindere dai livelli specifici di insegnamento. Le letture suggerite in bibliografia possono rendere più chiaro il discorso perché approfondiscono anche la presentazione di concetti per un curricolo longitudinale ed esemplificano scenari realizzati in classe e i processi che questi hanno attivato.
A mio parere, la conoscenza del mondo vivente si dipana a qualunque età attraverso un gioco tra piani di attenzione in cui si mettono a fuoco ora:
il sé (unità corpo/mente – identità giocata tra permanenza e cambiamento)
gli altri (umani e non-umani, a cerchi via via allargati di vicinanza sia psicologica che fisica)
l’ambiente (psicologico, naturale, sociale, culturale…).
Lo sviluppo della conoscenza avviene attraverso la combinazione di diverse strategie cognitive:
- un andirivieni tra distinzione e inquadramento reciproco di questi tre poli di attenzione,
- la ricostruzione di storie (che considerano archi di tempo ora a breve ora a lungo termine),
- l’uso di immaginazione sapiente delle cose e dei fenomeni che si collocano a livello di realtà non percepibile.
Quando il conoscere percorre la strada delle distinzioni, si concentra sul riconoscimento (e organizza concetti) di individualità, di specificità strutturali e funzionali, di modi di abitare il mondo, fino a raggiungere la comprensione della bio-relatività dell’ambiente, cioè della impossibilità di definire cosa è un ambiente in assoluto.
L’ambiente di ogni specie (e quasi di ogni organismo) può essere definito solo relativamente ad essa, cioè riconoscendo quali sono le specifiche relazioni che la collegano all’ambiente di vita (Von Uexküll, J. (2010).
Quando la strategia scelta è quella di inquadrare nel contesto di riferimento (per esempio, il sé rispetto agli altri, rispetto all’ambiente, la realtà biologica rispetto a quella fisica, …), l’attenzione si sposta su ciò che mette in relazione (per es., strutture che connettono, che fanno circolare), sugli scambi (materiali, energetici, genetici), su interazioni, su comunicazione (per esempio, si prendono in considerazione segnali, linguaggi, intenzioni, scopi, …). Ci si deve accorgere anche di ciò che ostacola o che regola l’interconnessione e i flussi per es., confini, barriere, meccanismi non solo strutturali che funzionano da valvola e regolazione.
Nella costruzione di storie emergono soprattutto i cambiamenti, i processi nel tempo (paralleli e intrecciati, sfasati, reversibili o irreversibili) ma anche le interrelazioni tra i protagonisti (accordi /conflitti /compromessi…), che variano secondo chi è implicato, secondo scale di grandezza, secondo dimensioni spaziali e temporali.
Questi modi di guardare, di far esperienza, e la riflessione che deve accompagnarli sono necessari perché possa maturare in lunghi percorsi di apprendimento la consapevolezza della organizzazione sistemica e dinamica del mondo vivente che garantisce continuità e flessibilità, e che è garantita dalla diversità dei viventi e dalla comparsa di novità genetiche nell’arco di lunghissimi processi di cambiamento.
Natura della materia (non vivente e vivente) e regole di trasformazione della energia sono però le condizioni vincolanti per la vita e per questo è importante che i percorsi educativi facciano procedere in parallelo l’esperienza e conoscenza del vivente con l’esperienza delle proprietà e dei comportamenti della materia, del movimento di corpi in condizioni diverse.
Del quadro che fa da sfondo e dà spessore ai percorsi d’apprendimento fanno parte le intenzioni che guidano l’educatore rispetto alle competenze da consolidare, spendibili sia nella vita personale che nella partecipazione civile, e riguardo a scelte di valori.
Le nostre aspettative riguardano l’intero percorso di formazione inteso come un processo longitudinale coerente che si sviluppa negli anni dell’obbligo scolastico e non sono traducibili solo in capacità misurabili da parte della valutazione scolastica. Si può in una certa misura valutare il grado di comprensione di concetti che sono stati considerati come portanti all’interno di una conoscenza scientifica del mondo vivente, ma questi non garantiscono l’acquisizione di capacità. Queste possono prendere forma e rivelarsi se si danno le occasioni per usarle, per esercitarle e se scuola e famiglia collaborano nel creare queste occasioni.
Le attese (ideali, se vogliamo) riguardano capacità come:
- capacità di gestire il proprio corpo e di salvaguardare il benessere fisico/psichico (decifrare i segni/segnali del corpo, conoscere le funzioni biologiche per controllare meglio le ansie che derivano dalle loro alterazioni e per interagire con i medici in modo consapevole, per vivere la sessualità, per fare scelte, prendere decisioni, affrontare rischi connessi con l’alimentazione, il fumo, le droghe, per affrontare il dolore e la morte);
- la preparazione al ruolo di genitori e quindi la consapevolezza dei bisogni dei bambini;
- il senso di appartenenza al mondo degli altri viventi;
- la capacità di decentramento sulle esigenze degli altri, umani e non umani;
- la ricerca di modalità di convivenza e l’assunzione di responsabilità per questa capacità di guardare al paesaggio come ad una risultante tra azione umana e naturale e come prodotto storico;
- la curiosità e capacità di interpretare il proprio ambiente di vita, di riconoscere tracce di eventi passati e segnali di eventi in corso, di assumere ruoli attivi e reattivi ragionati in processi di mantenimento e di cambiamento;
- la disponibilità a riconoscere l’esistenza di punti di vista e di interessi diversi da parte di diversi attori in un contesto ambientale;
- la capacità di cercare relazioni tra fattori ecologici, sociali, economici in una prospettiva storica
- la capacità di interrogarsi sui propri comportamenti relativi all’uso di beni di consumo e di risorse, di mettere in relazione questi con cicli locali e globali;
- la capacità di convivere con problemi aperti, con approcci probabilistici nella ricerca di soluzioni, di accettare soluzioni approssimate, non univoche;
- la capacità di prendere in considerazione argomenti contrastanti e di fare delle scelte e giustificarle;
- la volontà e capacità di cercare (selezionare, interpretare, valutare) informazione su aspetti non conosciuti.
Materiali dei viventi: come sono dentro?
Premessa
Caratteristica essenziale della vita è la grandissima varietà di sostanze specifiche in continua interazione, trasformazione e organizzazione in strutture (dal micro al macro). La “distanza” tra quello che succede e quello che si percepisce è grande, ma a livello fenomenologico si può avere evidenza della varietà dei materiali di cui sono fatti i viventi o che sono da loro prodotti purché si impari a guardare i modi di cambiare di questi materiali, di trasformarsi, di reagire alle interazioni, purché si divenga consapevoli delle sensazioni che riceviamo quando li manipoliamo. Nel proporre le attività che seguono sono stata guidata da questo unico intento: far acquisire ai bambini esperienza percettiva dei materiali che costruiscono il vivente, (che è quella che manca nei contenuti dei libri di testo), variando i materiali e variando le condizioni a cui vengono sottoposti; però l’obbiettivo è più a lungo termine: questa base aiuterà a capire, usando immaginazione e ragionamento insieme, i meccanismi che stanno dietro le funzioni biologiche degli organismi.
Le cose che si vedono succedere in esperienze di questo tipo sono tante e aggrovigliate ma non è necessario saper spiegare tutto quanto per
- entrare dentro alle percezioni dei fenomeni senza vestirle subito con termini convenzionali,
- provare a mettersi “dentro le cose” per immaginare quello che “da fuori” si vede succedere,
- cercare e costruire relazioni tra fatti osservati,
- ricavarne somiglianze e differenze, aspetti costanti e unici.
Per il raggiungimento di questi obbiettivi la mediazione dell’insegnante è cruciale.
Ho elencato una gamma di materiali e di possibili esperienze, ma la scelta di quali e quante, di una sequenza a ragion veduta, è lasciata alla autonomia dell’insegnante e anche alla iniziativa dei bambini che certamente vorranno suggerire cose da osservare e “pasticciamenti” da fare.
Fare riferimento alle letture suggerite, presenti sul sito, può servire per acquisire maggiori sicurezze attraverso il racconto di esperienze altrui e per approfondire le idee che formano l’orizzonte verso cui camminare insieme ai bambini.
Costruire modi di guardare ai viventi (una specie di mappa concettuale)
I materiali di cui sono fatti i viventi hanno micro-strutture diverse da quelle dei materiali il mondo fisico e quindi hanno anche qualità e proprietà che sono specifiche. I materiali caratteristici dei viventi sono costruiti da loro stessi. I materiali caratteristici dei viventi sono sempre uniti all’acqua che:
- contribuisce alle loro proprietà strutturali
- è il mezzo principale per le interazioni tra sostanze e tra molecole (a livello di microstrutture), per il trasporto e per gli scambi tra il dentro e il fuori (dell’organismo, della cellula)
- contribuisce a formare legami e a sciogliere legami tra le molecole che formano le sostanze.
Negli organismi non c’è acqua ma soluzioni di acqua legata a molecole e queste formano i liquidi interstiziali dove avvengono gli scambi tra cellule, tra tessuti, tra organi, oppure sono nei liquidi circolanti che trasportano le sostanze in tutte le parti dell’organismo.
Le molecole che formano le strutture del materiale organico (proteine, carboidrati, grassi) sono molto lunghe, pesanti e assumono “forme” diverse in condizioni diverse.
Molecole di acqua sono legate a queste molecole.
Date queste caratteristiche, i comportamenti delle molecole organiche (in condizioni ambientali specifiche di temperatura e trasferimento di calore, di pH) sono tipici di queste: si dice che polimerizzano (cioè formano catene), si dice che formano dispersioni colloidali (quando le molecole formano grossi aggregati dispersi nel liquido), che possono gelificare quando gli aggregati si uniscono intrappolando negli interstizi la fase liquida. Nella gelatificazione, che è propria di alcune proteine, gli aggregati si uniscono in una rete e non sono separabili meccanicamente. I materiali organici, qualunque sia la loro provenienza, quando bruciano carbonizzano poiché il carbonio è l’elemento prevalente delle molecole che li compongono.
Proposte
* Le operazioni cognitive importanti
Guardare le qualità di cose provenienti da organismi animali e vegetali, come per esempio foglie diverse (verdi e colorate) anche di piante grasse o di piante aromatiche, steli, legno fresco, gomma degli alberi, resina, frutti, chicchi di cereali, legumi, carne, latte, uova.
È importante che l’insegnante aiuti i bambini a non guardare a queste cose come a “oggetti”, ma interrogandosi anzitutto su quale parte siano di … , come siano connessi con … un organismo intero o su chi li ha prodotti.
Confrontare sensazioni ricevute da materiali organici diversi esplorandoli con i sensi.
Confrontare comportamenti dei diversi materiali, per esempio:
- con acqua
- con acidi
- sottoposti a variazioni di temperatura
- sottoposti a essiccamento
- lasciati cambiare nel tempo
Riconoscere somiglianze nelle percezioni ricevute (al tatto, odori), somiglianze e differenze di qualità, “famiglie” di cambiamenti.
* Una gamma di possibili situazioni per fare esperienza
Toccare gli “oggetti” e descrivere le sensazioni ricevute.
Tagliare, pestare gli oggetti e descrivere il modo in cui si rompono.
Aggiungere acqua agli oggetti pestati, fare osservazioni (subito e a distanza di un po’ tempo) sui cambiamenti che si osservano negli oggetti e nell’acqua (anche filtrando il miscuglio).
Aggiungere gocce di acido (limone, aceto) a latte, acqua filtrata dai miscugli precedenti.
Lasciare in acqua per giorni (es., vegetali, acqua e carne, latte, legumi, cereali) e fare osservazioni ripetute ogni giorno sulle trasformazioni che si possono via via percepire con vari sensi e che possono suggerire l’intervento di microrganismi.
Lasciare seccare all’aria e al sole (vegetali diversi, carne, latte, uovo).
Osservare gli effetti prodotti dal calore:
- mettere gli “oggetti” (foglie verdi e di cavolo rosso, cereali, legumi, uova, carne, latte) a cuocere in acqua, a scaldare in assenza di acqua fino a bruciare: osservazioni sui cambiamenti, su tutto ciò che “esce” (odori, fumi, vapori), sulle trasformazioni che si producono, sul tempo che ci mettono a carbonizzare;
- portare in classe brodo di carne e ossa: osservare le qualità della carne cotta, delle ossa e del brodo;
- fare caramellare marmellata o zucchero;
- estrarre olio da semi di girasole, di mais, da noccioline americane (schiacciando, scaldando, mettendo su scottex e pressando);
- bruciare una nocciolina e un fagiolo attaccati su un ferro da calza: confrontare questi modi di prendere fuoco, bruciare con la fiamma con quelli di “arrostirsi” nel tegame.
Si possono fare collegamenti tra la necessità di cuocere i cibi per potersi alimentare, la digestione e le trasformazioni prodotte dal calore.
Osservare gli effetti del freddo: non solo il calore anche il freddo trasforma:
- congelare vegetali;
- mettere in frigo brodo, marmellata;
Noi non possiamo mangiare cose surgelate, ma neppure i microrganismi!
Le proposte di percorso concordate nel progetto “Prima scienza”
In autunno, gli incontri con i gruppi di insegnanti, prevalentemente della scuola per l’infanzia, hanno permesso scambi di idee sulle progettazioni in corso, in alcune classi già avviate, per le attività di scienze. Il confronto ha portato ad individuare alcune attività comuni su cui andare costruendo percorsi d’apprendimento coerenti con il quadro concettuale di sfondo che è stato ulteriormente chiarito.
Sono stati sottolineati aspetti della relazione organismo-ambiente, discutendone il significato nell’esperienza dei bambini e nella costruzione di conoscenza scientifica. L’attenzione del gruppo è stata richiamata sulla funzione delle sensazioni nella costruzione di questa relazione: attraversano i confini che delimitano il dentro e il fuori di ogni organismo e così si sviluppa contemporaneamente la percezione dell’unità dell’organismo e della molteplicità delle qualità che caratterizzano la realtà esterna.
L’uso continuo dei canali sensoriali e l’integrazione delle sensazioni a livello cerebrale costruiscono la percezione, che orienta l’azione e l’interpretazione della realtà, che genera emozioni, con manifestazioni individuali e differenze culturali. È possibile l’uso intenzionale di singoli organi di senso ma è impossibile l’esclusione degli altri canali sensori: si può concentrarsi sui singoli stimoli e sulle parti del corpo che si attivano, sapendo però di fare un’astrazione e con la consapevolezza che occorre ricomporre la globalità dell’organismo. Del resto, i linguaggi che usiamo per descrivere la realtà riflettono la difficoltà di separare sensazioni e di esprimere le percezioni che ricaviamo dalle esperienze. Possiamo così sintetizzare alcuni punti discussi nelle riunioni:
- Lavorare sulle sensazioni vuol dire concentrare l’attenzione/mettere a fuoco l’interfaccia tra l’organismo (il nostro ma poi anche quello di altre specie di viventi) e l’ambiente.
- I sensi di ogni organismo si sono evoluti in relazione all’ambiente di vita; sono funzionalmente limitati dalle caratteristiche di ogni specifico habitat la cui conoscenza è vitale per la sopravvivenza dell’organismo.
- Sensazioni provengono anche dall’interno del corpo, tanto più quanto questo è complesso, e informano sugli stati di benessere/malessere collegati alle interazioni con l’altro da sé.
- Aspetti interessanti delle sensazioni che possono guidare la scelta di esperienze da fare insieme ai bambini sono percepiti secondo un gradiente che può dipendere da variabili diverse: qualità dello stimolo, distanza dallo stimolo, modalità di esposizione, assuefazione allo stimolo, … l’intensità delle sensazioni è valutabile per confronto, diventa stimolo la discrepanza di qualche segnale con il contesto nel quale è inserito, a certe sensazioni il corpo reagisce globalmente con reazioni (esterne ed interne) di attrazione o evitamento (rumore e movimento improvviso, odori e sapori cattivi o buoni, calore, …), certe sensazioni diventano segnali percettivi, hanno cioè significato in base all’esperienza individuale e culturale le sensazioni possono entrare in conflitto tra loro, possono ingannare.
- È quasi intuitivo e facile dire che l’organismo o l’ambiente sono complessi. I bambini non usano questa espressione ma nel modo in cui si rapportano agli organismi e all’ambiente in cui vivono manifestano chiaramente di pensare basandosi su idee di “globalità complicata”.
Il lavoro (tutt’altro che facile) dell’insegnante sta nel far capire le relazioni che strutturano questa globalità complicata, che la organizzano e la fanno funzionare in modo sistemico.
Noi e il nostro corpo siamo il primo importante riferimento per la conoscenza degli altri e dell’ambiente. Per esempio, si impara:
a riconoscere le peculiarità degli “individui”: le variazioni tra individui uguali, le differenze tra individui diversi
a distinguere tra un dentro e un fuori
a cercare relazioni tra un dentro e un fuori
a riconoscere regolarità e irregolarità nei processi
a mettere in relazione osservazioni su modi di essere, modi di comportarsi, modi di divenire
ad andare oltre ciò che è sperimentabile, costruendo con l’immaginazione possibili realtà.
Poiché in molte classi le attività proposte prendevano in considerazione situazioni connesse con la stagione (colori della natura che cambiano, gli alberi da frutta in giardino, le foglie che cadono, la vendemmia, le verdure di stagione per cucinare…) è stata concordata una traccia di lavoro che aveva per oggetto la frutta e che partiva da una attività analoga a quella sperimentata dalle insegnanti durante l’incontro di formazione (“Il sacchetto con le foglie”).
La traccia scritta, inserita sul sito del progetto, riprende lo schema che evidenzia le interrelazioni
NOI
GLI ALTRI ORGANISMI L’ AMBIENTE
Affinare la conoscenza (la consapevolezza) delle nostre capacità di umani per captare la realtà, per capire il diverso da noi.
Concentrarsi sulle sensazioni che riceviamo toccando, odorando, gustando oggetti biologici come la frutta.
Riflettere su come combiniamo più sensazioni (informazioni) anche senza accorgercene, per identificare oggetti, per esempio per distinguere frutta da oggetti artificiali. Far emergere la percezione delle piccole variazioni nelle qualità delle cose, andando oltre la scorciatoia delle risposte più banali: arancione, tondo, morbido, …
Riconoscere le qualità (di forma, colore, consistenza, superficie, ..), anche facendo comparazioni per accorgersi delle loro variazioni secondo un continuum (seriazione) o delle differenze discontinue (categorizzazione) che permettono di distinguere un frutto da un altro.
Accorgersi delle variazioni individuali nei modi di percepire gli oggetti e nelle reazioni che queste producono, piacevoli o spiacevoli.
Arricchire il vocabolario delle parole per esprimere le sensazioni ricevute, le qualità riconosciute.
Sperimentare modi diversi di rappresentarle: i sensi e il nostro organismo.
Attività
Un sacchetto con vari frutti dell’autunno: mela, pera, arancio, limone, cachi, melograno, kiwi, mandarino. Aggiungere frutti “anomali” come: pigna, castagna con il riccio ed eventualmente anche qualche frutto finto.
Consegna: "Concentratevi su quello che sentite e provate a capire cosa c’è nel sacchetto.”
I bambini, uno alla volta, senza guardare nel sacchetto, mettono la mano ma non dicono ad alta voce cosa riconoscono. Lo dicono sottovoce all’insegnante che lo scrive.
Alla fine l’insegnante leggerà la lista e chiederà:
Come hai fatto a riconoscerli?
Poi scoprirà il contenuto del sacchetto.
I frutti vengono esaminati uno ad uno (com’è?) e di nuovo si useranno i sensi per descriverli.
Bambini bendati assaggeranno pezzetti di frutto, dicendo le loro sensazioni, provando anche a riconoscere che cosa hanno assaggiato. L’insegnante attirerà l’attenzione sulle reazioni anche mimiche e del corpo alle sensazioni del gusto.
Proviamo ad immaginare a parole e con disegni come funzionano i sensi, cosa succede dentro quando percepiamo “il fuori”.
Di quante diverse cose ci accorgiamo con gli occhi? (forma, colore, dimensione, movimento, posizione nello spazio, distanza, illuminazione,..)
Di quante diverse cose ci accorgiamo con le mani? Cosa possiamo variare nel sentire le cose con le mani? (toccare leggermente, stringere, usare la punta delle dita o altre parti della mano)
E con la bocca? Ecc.
Quali sensazioni ci piacciono di più? Perché? Sono le stesse per tutti?
II lavoro sulle qualità delle cose può continuare con altre esperienze. Per esempio, a distanza di tempo si può tornare sulle parole che hanno definito alcune qualità della frutta (liscio, morbido, appiccicoso, scivoloso, bagnato, leggero,…) e chiedere di ricordare altre cose “morbide, appiccicose,…” o che “sanno di … come”. Si può mettere insieme un inventario di queste cose (che forse saranno in parte naturali e in parte artificiali) e confrontandole estrarre idee di morbidezza o appiccicosità. Ancora: si potrebbe chiedere. “Come si fa ad ammorbidire o a indurire o a rendere appiccicoso….?”
Potrebbero così cominciare esperienze di pasticciamento per prendere confidenza con le proprietà della materia e in particolare di quella che costituisce i viventi.
Gli organismi
Gli oggetti che provengono dal mondo vivente hanno strutture interne.
Il frutto è parte di una pianta. I frutti di una stessa pianta non sono tutti uguali.
Somiglianze e differenze di struttura tra frutti diversi.
I frutti come contenitori di semi. Sono frutti anche alcune “verdure”.
Le forme e le strutture interne dei semi: sono uguali tra loro quelli di una stessa pianta, piante diverse hanno semi diversi.
I frutti delle piante selvatiche: tanti modi di contenere semi e di disperderli nell’ambiente.
Frutti con tanti semi e frutti con pochi semi.
Attività
I frutti saranno aperti e si esaminerà la loro struttura interna, le regolarità di struttura, le qualità delle parti che li compongono.
Si confronteranno frutti diversi, si riconosceranno le parti comuni: pelle, polpa, semi. Si riconosceranno diversi modi di contenere semi e il loro numero.
Si guarderà come sono fatti dentro semi diversi.
Visita al mercato: tanti tipi di frutta e verdura. Tanti tipi di ogni frutto. Frutti che provengono da altri paesi.
Visita in un parco alla ricerca di frutti e di semi: erbe, arbusti, alberi portano frutti.
Riconoscere dove si trovano i frutti rispetto alla struttura della pianta. Fare raccolte per esaminare in classe le diversità e somiglianze di forma, di struttura, di numero di semi. Fare collezioni di semi.
Gli organismi e l’ambiente
Gli alberi sono tutti diversi nella loro struttura che si vede bene in inverno quando non hanno le foglie.
I frutti sono componenti di una rete di relazioni tra organismi.
Gli organismi hanno strutture che permettono di trovare e riconoscere i frutti di cui si alimentano, usano cioè i loro sensi come noi.
I semi sono trasportati lontano dagli organismi che se li mangiano e che li conservano per il periodo invernale, in questo modo disperdono le piante all’interno di una area e diffondono la specie.
Le piante attirano gli organismi con le qualità dei loro frutti: colore, odore, sapore, … I frutti possono avere strutture che li difendono dagli attacchi dei parassiti.
La germinazione dei semi: le condizioni favorevoli, le trasformazioni e i cambiamenti (scanditi in archi di tempo definiti).
Diversità nel processo di germinazione di semi diversi per grandezza e per struttura (mono- e di-cotiledoni).
Attività
Uscita per andare a vedere da vicino alberi da frutta, per parlare con chi li cura.
Accorgersi di: frutti maturi e no su uno stesso albero; frutti di alberi diversi che maturano in tempi diversi; frutti a terra demoliti da lumache e piccoli invertebrati, frutti sull’albero mangiati da uccelli, e da insetti; frutti “bacati” utilizzati per deporvi le uova.
Adottare un albero e tenerlo sotto osservazione durante tutto l’anno per vederne i cambiamenti stagionali. In classe ci possono essere gli inviati speciali, che periodicamente riferiscono su alberi diversi che possono visitare facilmente.
Osservazione delle trasformazioni di frutti lasciati all’aria, al chiuso e all’aperto: come i nostri sensi riconoscono i cambiamenti delle qualità. La crescita di muffe.
Esperienze di semina con vari tipi di semi, sperimentando via via l’effetto di variabili, per ricavare indicazioni dai risultati ottenuti. Gli insuccessi sono importanti più che le previsioni per evitarli!
Piantare e coltivare piantine di fragola per osservare la formazione del frutto dal fiore, ma anche per accorgersi delle condizioni ambientali più favorevoli per la crescita della pianta, delle cure che occorrono per farla sviluppare bene.
Noi e gli organismi
I frutti e anche i semi sono una risorsa per la nostra alimentazione. Chiamiamo con vari nomi i frutti e i semi che mangiamo.
Modi di conservarli.
Ci sono caratteristiche della frutta che ci attraggono o respingono; chi vende la frutta cerca di attirare i clienti.
Possiamo valutare con i sensi se un frutto è maturo o se è andato a male.
Non a tutti piacciono gli stessi frutti. Associamo ricordi di esperienze, i nostri gusti cambiano.
I frutti sono belli da vedere e da rappresentare.
Nei giardini mettiamo piante che producono bacche colorate perché sono ornamentali e perché attirano uccelli e questo ci procura piacere.
Attività
Racconti di esperienze.
Preparazioni fatte con la frutta fresca e secca.
Racconti di nonni su frutta non più coltivata, su modi di conservarla …
Fare esperienze con vari tipi di colori e materiali per creare rappresentazioni. Scegliere e piantare piante nel giardino o nei vasi nel cortile della scuola.
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Commenti sparsi e suggerimenti sulla distinzione vivente/non vivente
Premetto una riflessione generale.
La costruzione di categorie non parte dal nome di una categoria e dal suo significato, ma emerge dall’accumularsi di esperienze di interazione con oggetti; man mano si individuano caratteristiche, si comincia a fare e disfare raggruppamenti, accorgendosi che questi dipendono dalle caratteristiche che si scelgono per includere ed escludere oggetti da gruppi, che comunque conservano confini “permeabili”. L’esperienza infatti obbliga spesso a ridefinire le caratteristiche (qualità e proprietà degli oggetti), e queste non sempre sono utilizzabili come criteri presenti/assenti ma sono delle variabili continue, per cui gli oggetti hanno gradi di appartenenza ad una categoria, sono cioè più “centrali” o più “periferici” all’interno di un raggruppamento. In un intervento didattico è utile partire da collezioni di oggetti da guardare bene sia nella loro unicità, in relazione alla variabilità con cui ci si presentano, sia nella diversità che emerge da comparazioni e nelle diverse manifestazioni in relazione a condizioni esterne o a cambiamenti nel tempo.
Sull’accumulo nel tempo di queste osservazioni si possono fondare giochi di categorizzazione che rendono consapevoli di come i raggruppamenti siano il risultato di una attività intellettuale che “ordina” il flusso continuo di stimoli che proviene dalla realtà esterna. Formare categorie e dare loro un nome è necessario alla nostra conoscenza del mondo, ma guai se queste fossero rigide e non suscettibili di riorganizzazione all’arrivo di informazione nuova o nel caso che cambiano gli scopi delle nostre azioni sulla realtà.
Se l’obbiettivo didattico è introdurre la distinzione tra viventi e non viventi (che è cosa diversa dalla distinzione naturale/artificiale), si può cominciare impegnando i bambini nell’osservazione di piante, animali e oggetti del mondo fisico affinché dall’accumulo delle osservazioni (molte, varie, ripetute nel tempo) emerga la consapevolezza delle tante caratteristiche che li distinguono (probabilmente intuite fin dal principio). Si arriverà a dare il nome di esseri viventi a tutti quelli che sono vivi ma poi si dovrà includere anche quelli che erano vivi; d’altra parte, si riconoscerà che un osso secco, una conchiglia, un guscio di lumaca, un corallo provengono da esseri viventi che li fabbricano, sono parti di viventi ma non sono essi stessi viventi. E in che senso è vivente un seme apparentemente secco, che rimane anche tempi lunghissimi inalterato ed è poi capace di germinare se messo in condizioni favorevoli? E un fiore reciso che poi si secca? Le cose non sono così semplici!
L’elemento critico sta nell’uso del termine vivente: questo a volte è sinonimo di biologico cioè indica oggetti composti da materiale organico prodotti da organismi viventi (distinti da oggetti di materia inorganica provenienti dal mondo fisico), altre volte identifica organismo vivente, quindi organizzazioni biologiche ben definite nella loro identità strutturale e funzionale.
I bambini arrivano presto a riconoscere che nascere, alimentarsi, crescere, morire, fare figli distingue gli organismi viventi dal resto degli oggetti “naturali”. Queste caratteristiche permangono fintanto che permane l’integrità dell’organismo, qualunque sia la sua forma e dimensione.
L’insegnante deve sapere che i criteri che definiscono il vivente per un biologo sono molti di più di quelli che l’esperienza quotidiana insegna a riconoscere. Tanto che è tutt’ora viva la discussione tra gli scienziati su quali siano quelli effettivamente cruciali per la distinzione: un virus è da considerarsi un vivente? Ritengo che la richiesta di partenza (“ricerca ciò che è naturale”) abbia ingarbugliato un poco le idee. Adoperiamo la parola “naturale” attribuendo più di un significato, come dimostrano le cose dette da alcuni bambini. Se mai, era meglio chiedere di cercare in giardino cose che sicuramente non sono costruite dall’uomo.
Basarsi sui cambiamenti è anche una strada tortuosa per arrivare all’idea di vivente. Forse sarebbe meglio mantenere questa attività ma svolgerla in parallelo alla osservazione di organismi viventi, sia piante presenti nel giardino o nelle vicinanze della scuola, sia tenendo in classe piccoli allevamenti di animalini trovati nel terriccio, come lombrichi, lumache o altri invertebrati, o di pesci in un acquario. Se avete la possibilità di fare una uscita in un luogo non troppo frequentato da attività umane potreste andare in cerca di animalini con i bambini stessi, chiedendo loro prima cosa andrebbero a cercare, dove pensano di trovarli, cosa si porterebbero per catturarli, dove pensano di ospitarli, cosa occorre per poterli mantenere vivi per un certo tempo. Già nei loro discorsi si potranno riconoscere le conoscenze che possiedono e i loro modi di intendere cosa è un organismo vivente. Durante l’uscita si potranno fare osservazioni anche sulle piante, raccogliere semi da piantare. Se non è possibile fare l’uscita, si può chiedere ai bambini (con l’aiuto dei genitori) di portare qualche animalino e di raccontare dove e come l’ha trovato, oppure l’insegnante può prendere l’iniziativa.
Prendersi cura per un certo tempo di organismi viventi crea le condizioni favorevoli dal punto di vista emotivo, cognitivo e sociale per accumulare tante piccole osservazioni sui modi di essere e di vivere che “naturalmente” evolveranno in conoscenza sulle peculiarità di categorie di viventi e su ciò che li accomuna in quanto viventi.
Sull’attività con il sacchetto della frutta
1. Il riconoscimento dei frutti nascosti aveva lo scopo di proporre un esercizio intenzionale delle proprie capacità percettive. Quindi avrebbe dovuto precedere e non seguire (come ho interpretato dal diario, ma forse mi sbaglio) l’osservazione dei frutti. Non si trattava di facilitare ai bambini il compito di riconoscere (lo scopo non era dimostrare di essere capaci di indovinare), ma anzi di lanciare una sfida alle loro capacità e concentrazione su queste (del bimbo che tastava e dei bambini che ascoltavano) per tirare fuori descrizioni qualitative, ricche ma anche ambigue, indipendentemente dagli oggetti che le suggerivano.
2. Quale è stata esattamente la richiesta fatta ai bambini? “Prova a indovinare …“ o prova a capire cosa … ”. Le due domande indirizzano diversamente l’elaborazione delle sensazioni.
Il gioco non può funzionare se ognuno tira fuori e subito vede il frutto, perché dopo i primi bambini tutti sanno già che si tratta di frutti e di quali frutti. Per esempio, buone domande da fare quando i bambini provano a dire il nome di un frutto sono:
“Come fai a dire che è un …?
“Cosa te lo ha fatto capire?”
“Come fai a dire che è piccola invece che grande?”
“E’ piccola (o grande o liscia…), rispetto a che cosa?”
3. I bambini hanno disegnato i frutti, interi e tagliati, o i semi guardandoli. Io penso che questa attività diventa un aiuto alla conoscenza delle cose se si sottolinea che si tratta di un modo di disegnare diverso da quello per riprodurre immagini fantastiche. È una esperienza che va ripetuta per abituare i bambini a questo diverso uso della rappresentazione.
Penso che sia meglio non dare alcuna immagine come modello (stereotipo della cosa) e che occorra essere molto esigenti, richiamare l’attenzione su dimensioni, proporzioni, dettagli, colori, dare abbastanza tempo, far utilizzare matite (anche per i colori) e non pennarelli, in modo che sia possibile cancellare.
Sull’ampliamento dell’esperienza con la frutta
1. (…) Mi sembra prematuro parlare di manipolazione genetica. Inoltre non vorrei che la visita alla fattoria fosse guidata da operatori di qualche associazione che riversano valanghe di informazioni perché si sentono in obbligo di concentrare in due ore di visita tutto un percorso conoscitivo che richiede di procedere per accumulo e riorganizzazione di piccole osservazioni.
Io ritengo utile concentrare i bambini su osservazioni ripetute a distanza di 1-2 giorni di alberi da frutto diversi, poi di piante da orto, per registrare i cambiamenti che avvengono durante il processo di sviluppo e crescita da bocciolo, a fiore, a frutto (o pomodoro, peperone, zucchino) o da gemme a foglie.
Potreste chiedere ai bambini che ne hanno l’opportunità perché hanno vicino casa piante da frutto o orti di fare gli “scienziati esploratori” e di riportare in classe le loro osservazioni. Tutti insieme possono concordare come fare le osservazioni. In giardino poi avete l’albero che era fiorito e tutti insieme potete guardare quello. Si tratta di processi rapidissimi e quindi non c’è tempo da perdere! Sarà interessante accorgersi di:
diversità all’interno di uno stesso albero (parti più in ombra, rami con fioriture più fitte, diversità tra rami bassi e alti,…);
diversità tra alberi che sono collocati in posizioni diverse, che sono più o meno curati;
diversità tra tipi diversi di alberi; presenza di insetti e uccelli…
Insomma non mancheranno certo le scoperte!
La conversazione con un contadino sarà utile dopo tutte queste osservazioni, perché i bambini avranno curiosità da soddisfare ed eventuali spiegazioni di fenomeni acquisteranno senso su conoscenze accumulate e già in parte riflettute insieme.
2. Durante l’uscita che pensate di fare, o dopo se l’avete già fatta, tagliate qualche rametto di alberi diversi, o di cespugli e guardateli con i bambini chiedendo:
Dove erano attaccate le foglie?
Dove spunteranno quelle nuove?
Come succederà?
Potranno riconoscere i nodi e la loro disposizione lungo i rami (diversa in piante diverse), potranno osservare (anche dentro) le gemme e magari vederle aprire tenendo i rami in un vaso con l’acqua per un tempo anche lungo.
Se prendete rametti di piante sempreverdi, potete osservare la differenze nel tipo di foglia di queste piante.
Potrete speculare sulle ragioni della loro permanenza sull’albero, ma le ragioni sono troppo complesse e lontane dalla conoscenza comune e quindi le cose che potranno dire i bambini non li porteranno molto lontano nella comprensione della vita delle piante e dei processi biologici.
Potrete cercare e osservare (anche con la lente) le piantine nel prato che sono verdi e hanno foglie: quali piantine sono?
In quali punti troviamo più piantine?
Cosa c’è “di buono per le piantine” in qui punti o luoghi?
Cosa c’è di diverso tra vivere nel prato ed essere un albero?
Cosa è successo con la neve e il gelo?
Forse trovate foglie “cotte” dal gelo: come sono cambiate?
Cosa è successo dentro la foglia?
In che modo sono diverse dalle foglie secche?
I bambini possono anche rendere delle piantine con la zolletta di terra e poi liberare le radici e fare osservazioni anche con la lente.
Cosa fanno le radici nella terra?
Come sono diverse radici di piantine diverse?
3.Visto che si sono chiesti come sono nate le piantine e alcuni hanno detto che sono nate dai semi, potreste chiedere ai bambini di andare alla ricerca di semi e di portarli in classe. Anzi, prima potreste chiedere: “dove li andrete a cercare?”.
Si trovano ancora i baccelli semiaperti con i semi sulle piante di oleandro, oppure la vitalba, o i soffioni e questi sono tutti semi “alati” che si diffondono col vento. Altri frutti secchi o bacche sono ancora attaccati ad alberi e sono diffusi anche dagli uccelli. Insomma si può trovarne di vari tipi e sicuramente i bambini anche aiutati dai genitori ne troveranno.
Mi auguro che tutte le classi abbiano la possibilità di uscire ripetutamente in un qualche spazio verde vicino dove trovare erbe, cespugli, alberi in fiore.
È un momento pieno di cambiamenti per le piante ed essendo cambiamenti veloci (se misurati con il tempo nostro) sono facilmente osservabili ma anche passeggeri. Si può comunque moltiplicare le osservazioni e informazioni chiedendo ai bambini di fare gli esploratori e di raccontare le loro scoperte.
L’esperienza con la frutta acquista significati e comincia a produrre modi cognitivi importanti di ragionare sul vivente se si può collegare, da una parte al processo di formazione del frutto e del seme, e dall’altra al processo di crescita e sviluppo della pianta dal seme. È quando guardiamo le cose “diventare” che possiamo capire meglio le loro qualità, proprietà, strutture…
Ci aspettiamo (ma non siamo certi che sia così e non per tutti i bambini) che le attività sulla frutta abbiano “seminato” alcune idee forti:
di diversità e variazione all’interno della diversità;
di qualità sfumate e sensazioni non facilmente descrivibili a parole;
- di frutto come parte e in continuità con la pianta;
- di frutto come ricettacolo dei semi;
- di relazione tra forma e struttura del frutto (e del seme) e la vita di altri viventi.
Guardare la fioritura e poi la sfioritura può rafforzare queste idee se i bambini potranno fare esperienze del tipo:
- guardare rami di piante diverse con le gemme e le loro trasformazioni in un arco di tempo;
- guardare fiori nelle loro parti e quello che succede quando sfioriscono;
- accorgersi dell’aumento di animalini e insetti sopra o attorno alle piante che si risvegliano;
- cercare nel prato germogli di piante.
Le gemme hanno evidentemente squame che proteggono i germogli; non sono distribuite a caso sul ramo e i modi sono diversi secondo la pianta; forse si possono riconoscere i nodi sul ramo e vicino ad essi le cicatrici delle foglie cadute; se i rami sono stati potati la distribuzione dei nodi e delle gemme sarà un poco alterata; la densità cambia su rami giovani e rami vecchi; la collocazione dei rami e la loro esposizione ai fattori ambientali influisce sul numero delle gemme e sui tempi della loro apertura; non tutte le gemme vanno necessariamente a buon fine; i modi di aprirsi delle gemme e i modi delle foglie o dei fiori di essere contenuti e crescere dentro le gemme variano tra piante; i fiori nascono prima delle foglie in alcune piante; alcuni piccoli animali approfittano delle gemme tenere e delle prime foglioline che si schiudono; altri approfittano dei fiori; i fiori di piante diverse hanno aspetto diverso ma certe parti tornano in tutti, proprio come nella frutta si trovava sempre una buccia, una polpa, un torsolino, dei semi …
È importante poter fare confronti per rendersi conto della natura dei fenomeni biologici e per cominciare a fare congetture su cosa accade alla pianta, alla gemma, alle foglie che non possiamo vedere.
Con una lametta da barba maneggiata dall’insegnante si può guardare cosa nascondono gemme che man mano si dischiudono, come sono in continuità col ramo in corrispondenza di nodi, come appare la struttura di un rametto tenero che rinverdisce. Sarà naturale chiedersi dove erano le foglie o i fiori prima di comparire, cosa gli arriva dalla pianta, come fanno a sapere quando spuntare, come fa la pianta a “sentire” il calore, a “vedere” la luce dei giorni che si allungano. Se si decide preventivamente ogni quanto tempo guardare e disegnare cosa succede a rami di piante diverse (staccati e messi in acqua o sull’albero), si può scoprire che certi intervalli di tempo sono troppo lunghi o troppo brevi rispetto ai processi di cambiamento che si vuole mettere a fuoco. Magari ci si accorge che sono avvenuti anche altri cambiamenti ai quali non si è data attenzione. I bambini si raccontano e disegnano storie; queste precedono le spiegazioni ma contengono elementi di astrazione dai fatti e di diversità di interpretazione, data la diversità dei bambini, che stimolano a cercare spiegazioni.
Si possono sezionare boccioli, fiori e fiori che sfioriscono, abbozzi di frutto e tra un po’ di tempo frutti dell’orto. Si potrebbe scoprire che tra la “stellina” o il “fiorellino” trovati nel torsolo della mela e della pera e la disposizione delle parti dei loro fiori ci sono delle somiglianze.
Fare esperienze di semina può dare l’occasione di:
- chiedersi cosa ci vuole perché nasca la pianta, ma anche come mai non siamo invasi dalle piante visto che i semi prodotti dai frutti sono tanti;
- chiedersi cosa c’è nel seme (ricordare i semi che mangiamo o da cui ricaviamo alimenti (olio, farine), i semi cibo per gli uccelli e gli animali, può far pensare che contengono sostanze nutrienti);
- chiedersi, immaginare, disegnare cosa accade dentro il seme prima che si cominci a vedere la piantina e poi via via che questa cresce (seminare qualche seme vicino alla parete di recipienti con pareti trasparenti ma avvolte di cartoncino nero è forse un modo più credibile che seminare sull’ovatta bagnata. In ogni caso l’esperimento con l’ovatta non deve essere l’esperienza con cui si parte, e neppure la predefinizione di situazioni “sperimentali” (alla luce e al buio, con acqua e senza acqua);
- confrontare germinazione di semi molto diversi e poi lo sviluppo delle piantine e la loro crescita (sviluppo è formazione e trasformazione di parti e strutture, crescita è aumento di lunghezza, volume, peso; i due processi sono intrecciati, ma le velocità non sono sempre parallele);
- trovare modi e tempi per registrare le differenze nel tempo tra le piantine nate dagli stessi semi e tra piante diverse (si può fare attenzione a dove e come spuntano le radichette, le foglioline, come sono disposte sul fusticino, come sono distanti);
- riconoscere come nei semi che avevano al loro interno due parti separate queste si trasformano nelle prime due foglioline uguali tra di loro e diverse da quelle che compariranno dopo;
- riconoscere come dai semi che non erano composti da due parti nascano foglioline lunghe e strette, l’una infilata dentro l’altra a cannocchiale;
- prendersi cura di un organismo vivente, avere la responsabilità del suo benessere, l’attenzione ai segnali attraverso i quali si manifesta il suo stato (sarebbe preferibile che ogni bambino potesse avere i suoi semi e piantine da curare).
La luce può ostacolare o favorire la germinazione, secondo i semi; i semi più piccoli di solito preferiscono la luce e vanno seminati più vicino alla superficie anche perché le sostanze di riserva sono troppo scarse per sostenere l’allungamento necessario per emergere ed iniziare la fotosintesi.
Se il tegumento del seme è duro ci vorrà più tempo per rigonfiarsi d’acqua. L’assorbimento d’acqua e il rigonfiamento del seme è la prima fase necessaria a permettere il riattivarsi delle vie metaboliche e della permeabilità delle membrane cellulari. Uno dei processi metabolici che aumenta moltissimo è la respirazione.
Sono moltissime e specifiche per i diversi vegetali le trasformazioni biochimiche che avvengono durante la trasformazione dell’embrione in plantula.
Le curve di crescita si somigliano tutte, indipendentemente dall’organismo e dall’unità di misura scelta: la crescita parte lenta, accelera sempre più (ma non in modo costante), poi rallenta e si ferma quando l’organismo si avvicina alle sue dimensioni finali, fissate geneticamente, perché entrano in azione meccanismi regolatori.
Per la conduzione delle conversazioni con i bambini
Premesso che i messaggi non verbali comunicati dall’insegnante sono forse quelli che arrivano più direttamente ai bambini e mostrano la sua emotività e interesse per le cose che si fanno e si dicono, provo a ricordare modi di intervenire dell’insegnante che potenzialmente influenzano la qualità dell’organizzazione dei pensieri nell’interazione con gli altri durante una conversazione.
Invito tutti a commentare questo elenco aperto, ad aggiungere e a integrare con la vostra esperienza.
- Far esprimere le conoscenze che i bambini hanno già su ciò di cui si parla
- Chiedere “come fai a dire che …”quando i bambini asseriscono qualcosa
- Far ragionare su alternative: “cosa succederebbe se …”
- Non chiedere i perché ma i come dei fenomeni di cui si parla
-Riformulare qualcosa che è implicito in ciò che è stato detto e non è stato colto, non con l’intento di forzare verso l’interpretazione che vorrebbe l’insegnante, ma per rendere più chiaro cosa è stato detto sia al bambino che lo ha detto che agli altri
- Più volte durante il discorso, ripetere cose fin allora dette e fare il punto di dove si è arrivati
- Mostrare relazioni tra osservazioni o tra affermazioni di bambini diversi
- Portare all’attenzione dei bambini altri fatti attraverso il racconto di esperienze proprie, ricordi personali, piccole storie
- Ricordare attività, osservazioni fatte in precedenza affinché risulti più evidente e significativo il collegamento con ciò di cui si parla
- Enfatizzare il significato e il valore delle scoperte che si vanno facendo insieme
- Stimolare proposte su quello che si pensa di fare
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