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Brichetti pagina 3

Pierandrea Brichetti

 

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Gli Stambecchi   Uccelli nidificanti nei giardini della pianura padana  Mezzo secolo di monitoraggi delle colonie di Ardeidi  La magia della luce → L’averla meridionale → Luì di Pallas → Uccelli in canto 4 → Uccelli in canto 3 →  Averla piccola, Lanius collurio → Canti nuziali e versi curiosi o poco conosciuti → Lo storno → Uccelli e cambiamenti climatici --> Civetta nana

 


 

Sambecchi del Passo di Gavia

Gli Stambecchi

Capra ibex, del Passo di Gavia in alta Valle Camonica (Ponte di Legno, Brescia).

Pierandrea Brichetti

13 mar 2024 PASSO DI GAVIA (4' 45")
Per questo video ho utilizzato le riprese fatte in una giorno di metà giugno 2020 nella zona del Lago Nero, ai piedi del Passo di Gavia tra 2350 e 2550 m di altitudine, mentre un gruppo di Stambecchi, composto da maschi, femmine e giovani, piuttosto confidenti, svolgeva le proprie attività quotidiane attorno a questo incantevole specchio d’acqua azzurro intenso. La presenza dello Stambecco in questa zona è il risultato di reintroduzioni effettate a inizio anni ’90, con una popolazione che è andata incrementando e frammentandosi in alcuni gruppi che gravitano tra la Valle di Viso, la Valle delle Messi, il Gavia, la Val di Rezzalo, la Val Cané e la Val Grande.
Nell’occasione ho filmato oltre alle Marmotte, che segnalano la loro presenza con tipici fischi di allarme, alcune specie di uccelli adattate a vivere alle massime altitudini, come Sordone, Fringuello alpino, Rondine montana, Gracchio alpino e Spioncello.
Il Passo di Gavia (2618 m), il più alto passo delle Alpi dopo lo Stelvio, segna il confine amministrativo tra le province di Brescia e Sondrio, mettendo in comunicazione Ponte di Legno in alta Valle Camonica con Santa Caterina Valfurva in alta Valtellina. Questo valico alpino è noto per i repentini cambiamenti meteorologici che, anche in piena estate, non risparmiano grandinate e nevicate, intervallate a momenti di sole pieno e nuvole basse. Il Passo di Gavia è molto conosciuto e frequentato dai ciclisti in quanto rappresenta una delle tappe in salita più difficili e selettive del Giro d’Italia, ma è anche noto per il tragico incidente capitato nel luglio 1954, quando un mezzo militare precipitò nella scarpata e 18 giovani alpini persero perso la vita nella zona delle “rocce nere”, un tratto sterrato molto pericoloso della vecchia strada che attualmente è stata sostituita da un tratto in galleria non illuminato (ciclisti attenzione!).

 

 


 

 

Uccelli della pianura padana

uccelli nidificanti in pianura padana

Uccelli nidificanti nei giardini della pianura padana

12 mar 2022 VEROLAVECCHIA

Una panoramica delle specie più comuni che nidificano nei giardini e nei piccoli parchi urbani a stretto contatto con l’uomo. Le specie sono state filmate a Verolavecchia nella pianura Bresciana: alcune, come il Colombaccio, hanno fatto la comparsa in tempi recenti, altre, come la Passera d’Italia, sono presenti da sempre, anche se negli ultimi decenni le popolazioni sono diminuite in modo preoccupante.

 

 


 

 

Monitoraggio Ardeidi coloniali

Mezzo secolo di monitoraggi delle colonie di Ardeidi in Italia nord-occidentale

 

Pierandrea Brichetti 12’: 24” https://www.youtube.com/watch?v=IvhxCjpz8_k

 

Nel video sono presentati i risultati dei monitoraggi delle colonie di Ardeidi, chiamate “garzaie”, effettuati ogni anno dal 1972 al 2018 in Italia nord-occidentale (Piemonte, Lombardia ed Emilia). Tali censimenti sono stati estesi anche a livello nazionale nel 1981, 2002 e 2023. Gli aironi (7 specie) e gli altri uccelli acquatici coloniali associati (5 specie) sono una delle maggiori componenti della biodiversità delle aree planiziali padane e rappresentano un notevole elemento del paesaggio e della cultura popolare. I censimenti annuali vengono organizzati da coordinatori regionali e compiuti grazie a una rete di rilevatori che individuano le colonie e conteggiano i nidi delle varie specie, svolgendo una tipica attività di “scienza del cittadino”. Grazie a questo importante progetto (https://garzaie.unipv.it/) si sono ottenute informazioni uniche, in quanto per nessun’altra specie dell’avifauna italiana sono disponibili dati di popolazione di così lungo periodo, dati peraltro indispensabili per valutare lo stato di conservazione di animali a lunga vita come gli uccelli acquatici. Le popolazioni nidificanti hanno mostrato una forte crescita negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso e una grande espansione dell’areale di nidificazione, all’inizio limitato alle zone planiziali dell’Italia settentrionale, mentre ora si è estesa a tutto il centro-sud, Sicilia e Sardegna. Durante i censimenti hanno fatto la loro comparsa nuove specie che all’inizio del monitoraggio non nidificavano in Italia, tra cui Airone guardabuoi, Cormorano e Marangone minore, ora molto diffusi, mentre Airone bianco maggiore, Spatola e Mignattaio sono tuttora ancora scarsi e localizzati. Curioso il caso dell’Ibis sacro, in Europa di origine aufuga da cattività e ora naturalizzato e dal 2010 in rapido aumento in gran parte dell’Italia. Mentre quasi tutte le specie fanno registrare un costante incremento delle popolazioni, la Nitticora e la Garzetta sembrano andare contro tendenza, la prima iniziando a decrescere sensibilmente a partire da metà anni ’90, la seconda, in modo meno preoccupante, da circa un decennio. Il notevole aumento dei nidificanti è dovuto alla protezione dei siti delle colonie, alle diminuite uccisioni per bracconaggio e all’andamento meteorologico favorevole sia nelle aree di nidificazione sia in quelle di svernamento dell’Africa sub-sahariana, dove svernano specie migratrici come Nitticora e Sgarza ciuffetto. Dal 2000 è però iniziata una fase di diminuzione delle specie di Ardeidi nella zona risicola dell’Italia nord-occidentale, causata dalla espansione della coltivazione a risaia con sommersione ridotta, tecnica diffusa dalla fine degli anni ’90 e ormai estesa alla maggioranza delle risaie, rendendole non più idonee all’alimentazione degli uccelli acquatici. Le informazioni ottenute con il monitoraggio hanno stimolato la conservazione di varie colonie entro Parchi e Riserve naturali, agendo da “bandiera” per la conservazione ambientale, in quanto la protezione delle zone umide ove sono insediate assicura la conservazione dell’intera comunità di organismi animali e vegetali di ambiente acquatico.


 

Magia della luce

La magia della luce

Esaltazione di forme, colori e movimenti 5’54’’

I fotografi conoscono bene l’importanza della luce nella costruzione e nel risultato finale di uno scatto. La luce va trattata con garbo perché approfittarne con troppa disinvoltura significa svilire le sue doti più intime. E’ fondamentale riuscire a valutare qualità e quantità della luce, cioè la sua energia, cogliendola mentre trapela nella nebbiolina autunnale o quando infuoca un tramonto estivo. Alla luce piace molto giocare con acqua, nuvole, alberi, vento e con tutto quanto è in movimento. Un gioco che può creare momenti di vera poesia, ma che spesso ci sfiorano e si dissolvono in pochi istanti. Personalmente, da ornitologo prestato alla fotografia, affido tutto alla mia sensibilità e al mio gusto estetico, consapevole che il risultato finale, più che dalle mie conoscenze tecniche, dipenderà da come la luce saprà valorizzare colori, forme e movimenti, senza dimenticare che un pizzico di fortuna non guasta mai. Ma altrettanto importate sarà trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Le immagini di questo video colgono in particolare gli aspetti del mondo naturale, quello che da sempre riesce a trasmettermi la bellezza che ancora ci circonda

 

 


  

L’averla meridionale, Lanius meridionalis, è lunga circa 25 cm e si ciba soprattutto di grossi insetti e vertebrati di piccole dimensioni (rettili, micromammiferi, uccelli). Come alcune altre specie della famiglia ha l’abitudine di infilzare le prede su spine, rametti appuntiti e filo spinato, o di collocarle alla biforcazione di rami. Gli arbusti spinosi preferiti utilizzati per creare queste “dispense” alimentari sono il Biancospino e il Prugnolo selvatico. Per catturare e dilaniare delle prede utilizza il robusto becco uncinato all’apice, con mandibola superiore provvista di un piccolo “dente”, tipico dei falconidi, come il Falco pellegrino. Questo Lanide è distribuito nella Penisola Iberica e in Francia meridionale, mentre in Italia è di comparsa accidentale. Ha abitudini prevalentemente sedentarie, con alcuni individui che si spostano a breve distanza nel periodo extra-riproduttivo, capitando in nazioni confinanti, come in Italia, dove è accidentale. Vive in campagne abbastanza aperte con presenza sparsa di alberi e cespugli spinosi in ambienti asciutti, caldi e soleggiati fino a circa 1200 m.

 

 


  

Luì di Pallas: un ospite siberiano a Verolavecchia

ll23 febbraio 2023 ho avuto la fortuna di osservare un Luì di Pallas (Phylloscopus proregulus) nel mio giardino a Verolavecchia, nella bassa pianura bresciana, rimasto poi in zona per circa un mese. Con i suoi 9 cm di lunghezza e 5-6 grammi di peso, questo luì ricorda in dimensioni e struttura un Regolo o un Fiorrancino. La sua patria è l’estremo oriente, tra la Siberia meridionale la Cina nord-occidentale, dove nidifica preferibilmente nelle zone di taiga dominata dalle conifere, fino ad altitudini di 1500-1700 m. Dopo aver nidificato, tra fine agosto e settembre, adulti e giovani intraprendono una lunga migrazione notturna verso sud per andare a passare l’inverno tra la Cina meridionale e il nord dell’Indocina. Una piccola parte della popolazione, in maggioranza individui del primo inverno, si dirige anche verso ovest, seguendo una rotta, individuata di recente, diretta verso l’Europa, dove negli ultimi decenni la specie, è divenuta regolare in ottobre-novembre, soprattutto in alcune nazioni nord-occidentali, come Finlandia, Svezia, Danimarca e Gran Bretagna. Le osservazioni sono andate incrementando anche nelle parti centro-meridionali del continente europeo, con saltuarie osservazioni a sud fino a Nord Africa e Medio Oriente. E’ quindi probabile che, una volta raggiunta l’Europa nord-occidentale, i migratori tendano a spostarsi verso sud-est prima di far ritorno ai siti riproduttivi asiatici. In Italia ad oggi sono note 45 segnalazioni - la prima risale al 1994 in Friuli-Venezia Giulia - con presenze che si collocano tra ottobre e aprile, alcuni casi di svernamento prolungato e un paio di osservazioni tardive in maggio. Sempre in movimento ben nascosto tra il fogliame, si ciba di piccoli invertebrati, come moscerini, afidi, farfalline e ragni. Il canto territoriale, emesso anche durante le migrazioni e l’inverno, consiste in frasi differenti, sonore e trillanti, che possono ricordare parti di canto di altre specie, mentre il verso più comune è costituito da una nota bisillabica.


  

Uccelli in canto 4. Canti imitativi e inconfondibili di Passeriformi. 5',57"

 Numerose sono le specie di uccelli imitatori che inseriscono all’interno del loro repertorio canoro brani del canto di altre specie o suoni di varia natura, compresa   la voce umana. Tra quelle che nidificano in Italia ricordo Storno, Storno nero, Merlo, Ghiandaia e Calandra, oltre a Cannaiola verdognola (Acrocephalus   palustris), Canapino comune (Hippolais polyglotta) e Tordo bottaccio (Turdus philomelos) illustrate in questo video. Le specie imitate non sono solo quelle che   condividono lo stesso habitat di nidificazione, ma anche quelle che i migratori a lunga distanza incontrano nei quartieri di svernamento africani. Per esempio, nel repertorio della Cannaiola verdognola è stata riconosciuta la presenza di strofe di più di 200 diverse specie di uccelli, per oltre la metà rappresentate da specie afrotropicali. Nel canto del Canapino comune si possono riconoscere frequentemente le voci della Passera d’Italia e della Rondine.
Altri Passeriformi si riconoscono per il canto inconfondibile che i maschi emettono normalmente durante il periodo nuziale. Tra queste specie ho scelto le voci di Beccamoschino (Cisticola juncidis), Ciuffolotto scarlatto (Carpodacus erythrinus), Zigolo giallo (Emberiza citrinella) e Zigolo capinero (Emberiza melanocephala). Nel Beccamoschino, per esempio, il repertorio vocale è poco ricco ma viene utilizzato per un lungo periodo tra la fine dell’inverno e l’inizio dell’autunno, e consiste in una ripetizione quasi ossessiva di una semplice nota piuttosto acuta, “zsip”, emessa a regolari intervalli di circa un secondo, soprattutto durante i voli di esibizione, che hanno la principale funzione di attirare delle femmine.

 

 


 

Uccelli in canto parte 3

Uccelli in canto 3. Canti nuziali e versi di Passeriformi delle paludi e della macchia mediterranea. 5',04"

 Tra le specie che nidificano nelle nostre zone umide sono riuscito a filmare mentre cantano l’Usignolo di fiume, il Cannareccione, il Forapaglie comune, la   Cannaiola comune, la Salciaiola e la Locustella fluviatile, quest'ultima filmata in Slovenia e accidentale in Italia. Il canto di queste due ultime specie è molto   particolare in quanto assomiglia a quello di un ortottero. Tra le specie tipiche degli ambienti mediterranei ho filmato la Magnanina, la Sterpazzola di Sardegna, la   Sterpazzolina orientale e l’Occhiocotto, quest’ultimo il rappresentante più comune e diffuso delle zone cespugliose termofile che da qualche decennio ha   colonizzato anche l’Italia settentrionale.

 

 


   

Averla piccola, Lanius collurio: rara documentazione di una coppia in parata nuziale. 2':30"

  La formazione della coppia avviene a seguito di una complessa parata nuziale (“Parading-display”), la cui fase principale vede il maschio posato di fianco alla     femmina alternare inchini a posture verticali con il becco rivolto verso l’alto in modo da mostrare il bianco della gola. Nelle altre fasi della parata il maschio   utilizza anche voli canori e offerte di cibo alla femmina. Il canto nuziale, intercalato da versi territoriali, è costituito da un chiacchiericcio prolungato ma   sommesso, composto da note aspre ma arricchito da imitazioni delle voci di altri uccelli. In Italia questo Lanide è distribuito in modo frammentato sulla penisola, in Sardegna e Sicilia, con vistosi vuoti di areale in Puglia e Sicilia. Negli ultimi decenni le popolazioni italiane sono sensibilmente diminuite e vaste aree pianeggianti e basso collinari sono state abbandonate. Le cause di questa situazione preoccupante vanno collegate soprattutto alla perdita di habitat (bonifiche agricole, monocolture intensive, imboschimento naturale o artificiale, eliminazione di siepi e filari, modificazione delle pratiche agro-pastorali tradizionali) e alla diminuzione delle disponibilità alimentari (soprattutto Coleotteri, Ortotteri e Imenotteri) per uso massiccio di prodotti chimici in agricoltura. Nidifica in ambienti semiaperti, incolti o coltivati, con abbondante presenza di siepi, cespugli, alberi sparsi e posatoi dominanti utilizzati per cacciare (fili, pali ecc.), dove occupa preferibilmente zone secche e soleggiate ecotonali. Appare più diffusa tra 200 e 1100 m, con presenze occasionali fino a circa 2000 m sulle Alpi. Migratrice, compie movimenti più evidenti tra metà agosto-inizio settembre e in maggio. Gli areali di svernamento si trovano in Africa orientale e meridionale, a sud della Somalia.
Opportunista e generalista quanto a regime alimentare, si nutre soprattutto di Insetti (specialmente Coleotteri, Imenotteri e Ortotteri) e in minor misura anche di piccoli Vertebrati (Anfibi, Rettili, piccoli Uccelli e micromammiferi). Tipica è l’abitudine di formare “dispense” alimentari, costituite da prede (quasi sempre grossi Insetti a tegumenti coriacei) infilzate su spine, rami appuntiti e fili spinati, da utilizzarsi al momento o successivamente in momenti di penuria di cibo.

 

 


 

Canti nuziali e versi curiosi o poco conosciuti 5’09’’
Le voci di queste specie, registrate durante le riprese in natura, sono piuttosto strane, singolari o poco conosciute. Alcuni canti nuziali e versi sono caratteristici, come quelli di Cuculo, Berta maggiore,Tarabusino, Upupa, Picchio muratore e Strillozzo, altri sono difficili da sentire, come quelli di Averla capirossa, Gazza, Merlo acquaiolo, Fringuello alpino, Ballerina bianca e Frosone.

 


 

 

 Lo storno   6’ 50”

 

 Specie a distribuzione originaria euroasiatica, introdotta in America, Sud Africa, Australia, Nuova Zelanda e Polinesia. Migratrice nelle parti   settentrionali e orientali dell’areale, diviene parzialmente sedentaria e dispersiva in quelle meridionali e occidentali. Sverna sia nell’ambito dell’areale sia più a sud, fino a Nord Africa e Medio Oriente. I movimenti migratori si svolgono principalmente tra fine settembre-ottobre e tra fine febbraio-marzo. Nidifica in ambienti diversificati, naturali, intensamente coltivati, urbani e suburbani, purché nei dintorni siano presenti aree di alimentazione e disponibili cavità in cui nidificare. In Pianura Padana, come la Passera d’Italia e il Rondone, utilizza abitualmente le "torri passeraie" o "piccionaie". Più diffusa fino a 800-1000 m, diviene via via più scarsa e localizzata fino a 1500 m, con presenze sporadiche fino a circa 2100. I siti riproduttivi vengono occupati dai maschi da inizio febbraio, mentre le deposizioni hanno luogo tra fine marzo e giugno, on una o due covate annue. La covata consta di 3-7 uova, di colore azzurro più o meno intenso, che vengono incubate quasi esclusivamente dalla femmina per 11-15 gg; i giovani sono atti al volo a circa 3 settimane di vita. La dieta è onnivora, basata principalmente su invertebrati ma anche su piccoli vertebrati, vegetali (frutti, bacche, semi) e rifiuti di origine antropica, soprattutto nel periodo extra-riproduttivo. Quando si sposta sul terreno cammina rapidamente accompagnando ogni passo con evidenti movimenti avanti e indietro del capo, a differenza del Merlo che invece generalmente si muove a saltelli. Spiccatamente gregario, soprattutto immediatamente dopo la nidificazione e nell’autunno-inverno, quando forma regolarmente gruppi, anche misti con altre specie, composti di solito da decine o poche centinaia d’individui durante la ricerca del cibo ma che possono raggiungere concentrazioni di molte centinaia di migliaia di uccelli quando si riuniscono per raggiungere i dormitori. Il repertorio vocale è vario e viene usato frequentemente durante tutto l’anno; il canto è complesso e costituito da lunghe sequenze nelle quali si alternano note fischiate e prolungate di tonalità crescente o decrescente a suoni aspri, stridenti, schioccanti oppure a un chiacchiericcio poco sonoro e con effetto ventriloquo, con frequente utilizzo di imitazioni di altri uccelli o perfino di rumori di origine antropica. Il canto viene emesso ben in vista su un posatoio elevato, con caratteristica postura eretta e, nelle situazioni di particolare eccitazione, con vistosi movimenti ondeggianti delle ali.

 

 


  

Uccelli e cambiamenti climatici

Sopravvivere alle alte quote   4’ 45”

 

Le opinioni intorno ai cambiamenti climatici sono discordanti: chi se ne rende conto, chi è scettico, chi li nega… io credo ai vistosi segnali che vegetali e animali ci stanno mandando da qualche tempo, a loro non interessa nascondere la realtà dei fatti. Le specie di uccelli che vivono alle massime altitudini sono quelle che più stanno soffrendo per le modificazioni degli habitat riproduttivi per l’aumento delle temperature e la diminuzione delle precipitazioni. A questo va aggiunto il sempre crescente disturbo antropico in quota. Alcune specie stanno abbandonando le aree di nidificazione poste alle quote medio-basse, in cerca di nuovi spazi verso l’alto: ma sopra di loro non rimangono che guglie rocciose, ghiaccio e cielo! Tra queste, oltre alla Pernice bianca (Lagopus muta), ci sono tre piccoli passeriformi che appaiono vulnerabili agli effetti del riscaldamento gobale: lo Spioncello (Anthus spinoletta) e soprattutto il Fringuello alpino (Montifringilla nivalis) e il Sordone (Prunella collaris). Di questi ultimi ci occuperemo nel video. Il Fringuello alpino Montifringilla nivalis è distribuito sulle Alpi e localmente sull’Appennino centrale, nidifica preferibilmente tra 2000 e 2800 m, con occasionali presenze da 1700-1800 m e fino a 3650 m. Vive in ambienti rocciosi con zone erbose ricche affioramenti rocciosi e morene, tra il limite superiore delle praterie e i margini dei ghiacciai, prediligendo valichi con rifugi. Nidifica sia in cavità di rocce sia di manufatti di origine antropica, compresi i nidi artificiali, utili per compiere studi sulla biologia riproduttiva, dimostrando una spiccata fedeltà al sito di nidificazione. Pensate che un nido costruito nel Rifugio Berni al Passo di Gavia è stato occupato dal 1976 al 2009, ma era già conosciuto nel 1968! Tra fine aprile e metà luglio depone di solito 4-5 uova. Dispersivo a corta distanza, sverna in parte ad altitudini inferiori a quelle del periodo riproduttivo, con osservazioni occasionali anche a notevole distanza dai più vicini siti riproduttivi. In questo periodo forma gruppi consistenti, talvolta con il Sordone, in aree di alimentazioni favorevoli, spesso ubicate attorno a stazioni sciistiche e rifugi. Il Sordone Prunella collaris è distribuito sulle Alpi con piccole popolazioni sull’Appennino centro-settentrionale, Alpi Apuane comprese. Nidifica tipicamente nella fascia altitudinale compresa tra il limite della vegetazione arborea e quello delle nevi perenni, a quote generalmente comprese tra 2000 e 2800 m. Preferisce i pendii soleggiati caratterizzati dalla diffusa presenza di grossi massi e di pulvini erbosi distribuiti a mosaico. Costruisce il nido in cavità di rocce e talvolta di muri stradali, in cui tra fine maggio e luglio depone di solito 3-5 uova. In autunno-inverno tende a spostarsi a quote inferiori frequentando habitat preferibilmente rocciosi ma anche con una maggiore copertura erbosa ed arbustiva, non raramente portandosi in prossimità di rifugi, baite o piccoli borghi. Lo Spioncello Anthus spinoletta è distribuito principalmente sulle Alpi, con presenze più scarse e localizzate sugli Appennini e in Sardegna. Nidifica in praterie naturali d’altitudine, preferibilmente accidentate e ricche di acque di ruscellamento, con vegetazione erbacea rada e massi affioranti, a quote di solito comprese tra 1800 e 2700 m. Costruisce il nido in anfratti naturali del terreno, in cui tra metà maggio e luglio depone di solito 4-6 uova. Migratore ed erratico, compie movimenti di varia portata, più evidenti in ottobre e marzo. Sverna lungo le coste e nelle zone di pianura ricche di zone umide, come le marcite.

 


  

Civetta nana 

Civetta nana
Pierandrea Brichetti 10 gen 2024 VALLE D'AOSTA
In Italia questo Strigide è distribuito esclusivamente sulla Catena Alpina, dove negli ultimi decenni si è verificata un’espansione di areale verso i settori occidentali, con una popolazione complessiva stimata in 550-1300 territori riproduttivi. Gli adulti sono strettamente sedentari e territoriali per tutto il corso dell'anno.
Questo minuscolo predatore, il più piccolo e il meno studiato tra gli Strigiformi europei, da qualche anno è oggetto di un progetto di ricerca pluriennale che Daniele Baroni, Massimo Bocca e Sofia Koliopoulos stanno portando avanti sulle Alpi Valdostane, con il supporto del Parco Naturale Mont Avic, dell'Università di Turku (Finlandia) e dell’ISPRA. L’obiettivo è quello di colmare le lacune di conoscenza per le Alpi Italiane su vari aspetti della vita di questo predatore, quali la biologia riproduttiva e la scelta dei siti di nidificazione. In questo video, grazie alla disponibilità dell’amico Massimo Bocca, ho avuto modo di documentare nel giugno 2023 alcune fasi della ricerca in Val d’Ayas.
Nonostante fino ad ora siano stati mappati durante la ricerca oltre 1600 alberi con cavità, le civette nane hanno nidificato soltanto in una trentina, spesso scegliendo ogni anno la stessa cavità per il nido: ognuno di questi alberi rappresenta quindi un elemento preziosissimo e unico, che deve essere assolutamente tutelato.
Il canto territoriale del maschio, emesso già alla fine dell’inverno, è composto da una breve nota flautata ripetuta da 5 a 10 volte ogni due secondi, che ricorda il richiamo dell’Assiolo e del Ciuffolotto. Le vocalizzazioni di questo minuscolo predatore emesse durante la giornata creano sempre scompiglio tra i piccoli passeriformi del bosco (cince, rampichini, regoli, fringillidi…) che si avvicinano al loro predatore allarmando in modo concitato, quasi sfidandolo, visto che la sua azione predatoria si manifesta solo con attacchi di sorpresa.
La scelta del nido cade quasi sempre su una cavità scavata dal Picchio rosso maggiore, il cui ingresso di circa 5 cm garantisce una buona protezione dai predatori, soprattutto dalla Martora che, con Sparviere e Civetta capogrosso, rappresentano i predatori più ricorrenti che condividono lo stesso habitat. Sulle Alpi valdostane la deposizione delle 3-7 uova ha luogo normalmente tra aprile e maggio e l’incubazione, compito esclusivo della femmina, si protrae per 28-30 giorni.
Durante la cova e l’allevamento dei nidiacei, solo il maschio si occupa di procacciare arvicole e piccoli passeriformi per la femmina e la prole, senza però che questa gli permetta di portare direttamente il cibo al nido. Il maschio, principalmente all’alba e al tramonto, si reca al sito di nidificazione e segnala alla femmina il suo arrivo con brevi richiami sommessi. La femmina si affaccia alla cavità, risponde emettendo vocalizzazioni brevi ed acute ed esce per raggiungere il maschio con la preda, per poi rientrare ad alimentare i nidiacei. La femmina ha anche l’abitudine di accumulare le prede portate dal maschio anche su tutta una serie di posatoi nei dintorni del nido, dove di tanto in tanto durante la giornata va a recuperare il pasto per la prole.
La civetta nana sopperisce a periodi di carenza o assenza di cibo, accumulando all’inizio dell’inverno un gran numero di prede in dispense, collocate di solito in cavità di alberi, dalle quali attinge nei momenti di bisogno: questo comportamento non trova riscontro negli altri Strigiformi europei.
Dopo aver passato un mese nel nido, i giovani si involano per poi trascorrere un altro mese con il maschio che insegnerà loro a cacciare, rendendoli così indipendenti e pronti ad iniziare la dispersione nel periodo autunnale che li porterà ad insediarsi in un nuovo territorio, sempre molto lontano dalla cavità dove sono nati.