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da febbraio 2024

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 Tunnel sottomarino a Genova <> Sora <>  Sguardi nel futuro <> Invenzioni che presto cambieranno il mondo <> Terapia genica basata su Crispr-Cas9 <|> Le donne fanno ricerca, ma pubblicano meno <>  I dati globali  CO2  energia, Pil e siccità <>  Grande parco fotovoltaico in Sicilia <>  Ricavare carne dal legno <> Dall’Intelligenza Artificiale agli impianti nel cervello <> Stefano Mancuso all'origine dell'intelligenza delle piante <|> Il Piano Mattei <> Piante poco protette <> Perché l’uomo distrugge la Natura? <> In tema di caccia <> Batteria a energia atomica       



 

Inaugurato a Genova il cantiere del primo Tunnel sottomarino in Italia: sarà il più grande d’Europa
https://leonardo.it/news/genova-primo-tunnel-sottomarino-italia-inaugurato-cantiere/?refresh_ce
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Alessandro Zoppo
- 17 Marzo 2024
Inaugurato a Genova il cantiere del primo tunnel sottomarino in Italia: sarà il più grande d&#8217;Europa
Sono partiti ufficialmente nel quartiere di San Benigno i lavori del tunnel subportuale: con un budget da 1 miliardo, l’apertura è prevista entro l’agosto del 2029.
Sono partiti ufficialmente i lavori per il primo tunnel sottomarino in Italia, quello che diventerà anche il più grande d’Europa. Il cantiere, aperto a Genova nel quartiere di San Benigno, verrà completato in cinque anni per un’apertura dell’opera prevista entro l’agosto del 2029. Progettata in ottica di sostenibilità ambientale e sociale, l’infrastruttura servirà a migliorare i collegamenti cittadini e l’accessibilità al porto, porta di accesso fondamentale sul Mediterraneo al mercato europeo per le merci da e verso tutto il mondo.

 

 


 

 

 Sora: stiamo insegnando all'intelligenza artificiale a comprendere e simulare il mondo fisico in     movimento,  con l'obiettivo di formare modelli che aiutino le persone a risolvere problemi che richiedono   l'interazione nel mondo reale.

 Presentiamo Sora, il nostro modello da testo a video. Sora può generare video della durata massima di un   minuto mantenendo la qualità visiva e l'aderenza alla richiesta dell'utente.

 Sora è lo strumento di intelligenza artificiale generativa tra i più sorprendenti visti finora perché riesce   a realizzare video realistici e credibili partendo da prompt testuali. I primi esempi sono diventati presto   virali, mettendo subito in chiaro le potenzialità della prossima gallina dalle uova d'oro di OpenAI. La   domanda rimasta insoddisfatta finora era quella sulla sua disponibilità pubblica: ebbene, è arrivata la conferma che di sicuro debutterà entro fine anno, con l'ipotesi più ottimistica che parla di pochi mesi. Ma non solo, presto genererà anche audio.

 

 


  

 Università di Pisa Sguardi nel futuro Ciclo di conferenze dall'ottobre 2023 al febbraio 2024

 ‘Sguardi nel Futuro’, una iniziativa di orientamento alta formazione dell’Università di Pisa, che mette in   contatto i giovani con i più importanti esperti del mondo della ricerca scientifica e tecnologica, dell’industria   e dell’economia, e delle scienze sociali.

 Il ciclo di incontri, rivolto agli studenti universitari e agli alunni degli ultimi due anni delle Scuole Superiori,   affronterà i temi della transizione energetica e del cambiamento climatico, delle più attuali scoperte nel settore delle scienze della vita e delle nuove esplorazioni spaziali, delle nuove opportunità offerte dall’intelligenza artificiale e della salute globale, dell’importanza del metodo scientifico e della creatività per inventarsi nuovi lavori, della cittadinanza consapevole e dei futuri assetti geopolitici.

Le tematiche affrontate e il metodo proposto vogliono essere complementari, e fortemente sinergiche, rispetto a quanto viene svolto nelle scuole e nel primo biennio universitario.

La generazione che costituirà la futura classe dirigente è infatti oggi testimone di una velocità dei cambiamenti tecnologici, ambientali, sociali e geopolitici mai sperimentata in precedenza. E’ sempre più importante formare cittadini attivi e consapevoli, che siano in grado di decifrare la realtà, inventare nuove soluzioni, e interconnettere il pensiero razionale con la complessità globale delle sfide più attuali, per saper progettare un futuro giusto e sostenibile.


 

 Invenzioni Che Presto Cambieranno Il Mondo 14'-22"

 

Lunga lista e visiualizzazione di strumenti versatili e automatici, nuovi treni componibili per per tratte remote, doni autonomi e mezzi leggeri e versatili, nuove batteria al sodio...etc 

 

 


 

 

Cosa c'è dietro la prima Terapia genica basata su Crispr-Cas9 approvata dall'Unione europea

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“Non mi aspetto di vedere domattina migliaia di terapie basate su Crispr-Cas9”. Non c'è pessimismo nelle parole di Mark Bunnage, Senior vice president & Head of Research di Vertex Pharmaceuticals, la prima azienda a vedersi approvare una terapia genica in Europa. Quanto piuttosto la consapevolezza che non esista una panacea per tutti i mali: “occorre comprendere la biologia della malattia”. (...) Sempre seguendo questa filosofia, Vertex definisce il proprio approccio alla ricerca come incentrato sulla malattia. “La nostra strategia è quella di investire nell'innovazione per cercare di creare medicine trasformative per persone con malattie gravi in mercati di nicchia”. Detto altrimenti, “abbiamo lavorato sulla fibrosi cistica, ma questo non vuol dire che lavoreremo per forza su altre malattie polmonari. Ci concentriamo su quelle malattie delle quali comprendiamo la biologia trainante”. Solo in questo caso si investe, cercando la strategia migliore per affrontarla. “In questi ultimi anni, questa strategia sembra aver funzionato bene per noi”, conclude. L'approvazione della prima terapia genica sta lì a dimostrarlo.

 

 


 

 

le donne fanno ricerca, ma pubblicano meno

Le donne fanno ricerca, ma compaiono meno degli uomini tra i principali autori degli articoli: editoriale di Nature in occasione dell'8 marzo

Pubblicato da Zadig Società Benefit

In occasione dell’8 marzo, la rivista Nature pubblica un editoriale dedicato a uno studio sulla presenza di donne tra i corresponding author degli articoli ricevuti e poi di quelli accettati dal giornale. Stiamo parlando di una rivista scientifica con un impact factor altissimo, che è in cima alla lista dei desideri di quasi tutti gli scienziati del mondo. Da qualche mese a questa parte, Nature chiede ai corresponding author, cioè gli autori che tengono i contatti con la rivista e che, in generale, sono i più coinvolti nella ricerca oppure i più alti in grado, di dichiarare il loro sesso. L’analisi di 5.000 lavori sottomessi al giornale negli ultimi cinque mesi ha evidenziato una marcata superiorità nelle percentuali maschili per i lavori sottomessi, mentre la differenza percentuale tra i lavori accettati diventa meno evidente, anche se sembra sempre essere presente.
Nel periodo esaminato, fatti salvi 500 autori che hanno preferito non rispondere alla domanda sul loro genere, solo il 17% ha dichiarato di appartenere al sesso femminile. Una percentuale decisamente inferiore alla popolazione femminile nel mondo della ricerca che, secondo i dati UNESCO, nel 2021 si aggirava intorno al 32%.
Ne scrive Patrizia Caraveo, astrofisica, Direttrice dell’Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica di Milano.


 

 

aumento CO2

I dati globali sulla CO2 legata all’energia, fra Pil e siccità

Francesca Santoro - 4 Marzo 2024

 

Nel 2023 record negativo di emissioni, informa il nuovo report dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea). Nel contempo, per la prima volta almeno la metà della produzione di elettricità nelle economie avanzate è stata fornita da fonti low-carbon

 

«Le emissioni globali di anidride carbonica legate all’energia sono aumentate meno fortemente nel 2023 rispetto all’anno precedente, anche se la crescita della domanda totale di energia ha accelerato, con la continua espansione del solare fotovoltaico, dell’energia eolica, dell’energia nucleare e delle auto elettriche che aiutano il mondo a evitare maggiore utilizzo di combustibili fossili. Senza le tecnologie energetiche pulite, l’aumento globale delle emissioni di CO2 negli ultimi 5 anni sarebbe stato 3 volte maggiore». Questa l’analisi dell’International energy agency (Iea), presente nel rapporto “CO2 Emissions in 2023 – A new record high, but is there light at the end of the tunnel?”.


 

 

fotovoltaico enorme

Il più grande parco fotovoltaico d’Italia sarà in Sicilia con 245 MW di potenza

Alessandro Zoppo - 7 Marzo 2024
Il più grande parco fotovoltaico d&#8217;Italia sarà in Sicilia con 245 MW di potenza
“La costruzione del progetto Fenix segna un evento senza precedenti nel panorama energetico italiano”, dichiara Valerio Faccenda, l’amministratore delegato di Iberdrola Renovables Italia.
Importante traguardo di sostenibilità in Sicilia: la multinazionale spagnola Iberdrola Renovables annuncia la costruzione sull’isola del più grande parco fotovoltaico d’Italia. L’opera sarà più ampia e impattante di quella aperta dalla francese Engie a Mazara del Vallo, in provincia di Trapani. Il progetto è stato ribattezzato Fenix e porterà a generare 245 MW di potenza, abbastanza da soddisfare i bisogni energetici di 140mila famiglie.

 

 


 

 

ramaglia

Ricavare carne dal legno: è l’innovativo progetto tutto italiano Meat from Wood

Alessandro Zoppo - 8 Marzo 2024
Ricavare carne dal legno: è l&#8217;innovativo progetto tutto italiano Meat from Wood
Nato all’interno delle università di Milano-Bicocca e dell’Insubria a Varese, il laboratorio trasforma lignina e crusca di frumento in amminoacidi ad alto valore aggiunto.
Dopo la polvere di grillo Made in Italy commercializzata nelle Marche, un’altra start-up italiana lancia la sfida alimentare del futuro: produrre carne dal legno. Stavolta il laboratorio è in Lombardia, all’interno dell’Università di Milano-Bicocca e dell’Università dell’Insubria a Varese. Il progetto si chiama Meat from Wood e ha l’obiettivo ambizioso di trasformare materiali di scarto come la lignina e la crusca di frumento in prodotti ad alto valore aggiunto come gli amminoacidi.


 

Dall’Intelligenza Artificiale agli impianti nel cervello: l’essere umano non sarà più solo biologico?

 

Intelligenza artificiale

Introduce: Direttore Generale Museo Nazionale Scienza e Tecnologia.

Intervengono:Direttore Fondatore dell'Istituto Italiano di Tecnologia e Professore ordinario di Bioingegneria presso l’Università di Genova, si occupa di robotica e scienze cognitive.
Professore emerito di Fisica Teorica al Politecnico di Torino, ha costituito CENTAI, di cui è Presidente del Consiglio Scientifico, si occupa di meccanica statistica, informazione e computazione quantistica e “Big Data”.  Responsabile del laboratorio di Microtecnologia per le neuroscienze e co-fondatore della start-up Corticale all’Istituto Italiano di Tecnologia. Futurologo e Professore ordinario di Logica e Filosofia della Scienza all’Università di Trento dove insegna Previsione sociale ed Epistemologia delle scienze sociali. Conduce e modera: È online la registrazione del primo evento live di quest’anno di Fatti per Capire che si è svolto al Museo martedì 27 febbraio.

Chi non ha potuto partecipare può rivivere l'incontro direttamente a questo link.
Prossimo appuntamento: giovedì 4 aprile. SCOPRI 

 

 

Stefano Mancuso

Stefano Mancuso all'origine dell'intelligenza delle piante 68'

Festa di Scienza e Filosofia, quarta edizione. Foligno, Auditorium S.Caterina, 11 aprile 2014

 

 



                                                                                                 

 

Enrico Mattei

Il Piano Mattei e quella puzza “delirante” di gas

Valentina Gentile 31 Gennaio 2024

 

Presentato in pompa magna a Palazzo Madama, l’ambizioso progetto del governo Meloni dimostra in realtà di essere un gigante dai piedi d’argilla. Soprattutto rischia di riportarci indietro su tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile. E di inaugurare una nuova corsa neocolonialista verso il Continente africano.

Ne avevamo parlato nel giugno 2022, riportando le parole del segretario Onu Antonio Guterres, che definiva la nuova corsa ai fossili sfacciatamente ostentata dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, “delirante”. Il riferimento era anche alla nuova corsa all’Africa e alle sue risorse fossili. Una corsa, quella al gas africano, che in quei giorni vedeva l’allora Presidente del Consiglio italiano Draghi insieme a Luigi Di Maio e all’ad Eni Descalzi volare in Algeria, Congo, Mozambico e nell’Egitto di Al-Sisi, che il governo guidato da Giorgia Meloni ha continuato, esasperandola, com’è nello stile al quale la compagine guidata dalla donna e madre di Garbatella ci ha abituati.

 

Il Piano Mattei, pompa magna a Palazzo Madama
Così, il fantomatico, mitizzato, esaltato Piano Mattei è stato presentato in pompa magna a Palazzo Madama. Alla presenza, come tuonano a destra, “dell’Africa”. Ma già da un rapido conto è chiaro quanta “fuffa” si celi, nemmeno troppo bene, dietro l’operazione di facciata: su 54 Paesi africani solo in 16 hanno inviato delegazioni “pesanti”, ossia con capi di Stato o primi ministri.

L’Africa non è “un Paese”, ma un continente. Immenso, complesso, sfaccettato.

Il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki, nell’aula di Palazzo Madama, dove si è svolto il vertice, ha dichiarato:

«L’Africa è pronta a discutere i contorni e le modalità dell’attuazione del Piano Mattei. Ma avremmo auspicato di essere consultati».

In queste parole, scandite con estrema decisione da Faki, e riprese successivamente nello stesso discorso («(…) è necessario passare dalle parole ai fatti, capirete bene che non ci possiamo più accontentare di semplici promesse che spesso non sono mantenute»), la tirata d’orecchie a Meloni e co., che sintetizza nel migliore dei modi quanto le cose siano più complesse rispetto alla propaganda governativa (a pochi mesi dalle elezioni europee). (continua) 


 

 

Piante poco protette

Piante poco protette

di Armando Gariboldi

In un periodo storico in cui si parla di carne sintetica o di farina di grillo è bene ricordare che la gran parte della nostra sopravvivenza, e non solo alimentare, dipende dal mondo vegetale.

Le piante rendono possibile non solo la vita sulla Terra come la conosciamo oggi, ma hanno permesso all’umanità di svilupparsi e prosperare. Oltre a nutrire gli esseri umani ed il loro bestiame, a fornire medicinali vitali, carburante e materiali per l’abbigliamento e le infrastrutture, la diversità delle piante può fornire soluzioni ai problemi globali attuali e futuri, come la fame, le malattie e i cambiamenti climatici.

Un team internazionale di ricercatori del World Conservation Monitoring Centre del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente e dei Royal Botanic Gardens, Kew, in collaborazione con l’Università di Torino, ha quantificato per la prima volta la distribuzione globale delle piante utilizzate dall’uomo.

Utilizzando oltre 11 milioni di osservazioni di specie vegetali registrate da botanici di tutto il mondo e algoritmi di apprendimento automatico, gli scienziati hanno analizzato la distribuzione di 35.687 specie di piante con usi documentati da parte dell’uomo, che coprono 10 categorie, tra cui cibo umano e foraggio per animali, materiali, combustibili e medicinali.

La ricerca ha identificato l’America centrale, le Ande tropicali, il Golfo di Guinea, l’Africa meridionale, l’Himalaya, il Sud-Est asiatico e la Nuova Guinea come centri eccezionali, i cosiddetti “hot-spot”, di specie vegetali rare e con alta diversità di piante utilizzate dall’uomo. Ed è emerso che queste aree che dovrebbero essere prioritarie per la conservazione sono invece, a oggi, in gran parte non protette.

Molte di queste zone sono all’interno di territori indigeni, ovvero quelli ancora abitati da popolazioni umane autoctone, dell’America centrale, del Corno d’Africa, dell’Asia meridionale e sudorientale che appunto costituiscono le aree più ricche di questo preziosissimo patrimonio botanico. Tali aree non solo spesso non sono tutelate, ma anzi in molti casi sono anche minacciate da varie forme di sfruttamento antropico, dalla deforestazione agli scavi minerari, agli allevamenti. (continua)

 

 


 

 

paesaggio

Perché l’uomo distrugge la Natura?

Armando Gariboldi


Idrammatici eventi di questa caldissima estate 2019, dagli incendi in Siberia allo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia, hanno evidenziato l’accelerata degli effetti dei cambiamenti climatici innescati dalle attività umane. Di fronte a tale disastro, di cui non si vede la fine e, anzi, si possono facilmente intuire e leggere prossimi peggioramenti, una parte sempre più estesa dell’opinione pubblica comincia a reagire, almeno a livello di preoccupata presa di coscienza.

Nei commenti sui social e nelle lettere a giornali e mass-media mainstream – che purtroppo in molti casi stanno affrontando questi argomenti con il consueto tono apocalittico, scandalistico, superficiale – si notano spesso definizioni del tipo: “Siamo una specie folle, ci meritiamo di estinguerci”; “Siamo i parassiti del Pianeta”; “L’Umanità è solo un’accozzaglia di predoni egoisti”; “Siamo pazzi e ciechi e ormai stiamo cadendo nel baratro”, ecc. Un misto, dunque, di lamentose e disperate affermazioni, dove emerge la mancanza di speranza per il futuro e la rabbia per la stupidità umana.

Ma è davvero così? Può una specie che, in poco più di 200mila anni (ovvero pochissimo, se consideriamo le scale geobiologiche), è di fatto arrivata a dominare l’intero Pianeta, pur avendo una capacità riproduttiva limitata, dei corpi delicatissimi e molta meno forza fisica rispetto alle altre specie più simili a noi (ovvero le grandi scimmie), avere intrapreso una strada evolutiva destinata “al vicolo cieco”, ovvero all’estinzione, puntando sull’intero consumo delle risorse vitali e alla distruzione dell’habitat in cui vive!? Perché allora questa follia, da dove nasce, che senso ha?

In ultima analisi: perché l’Uomo continua imperterrito a distruggere la Natura (ovvero la famosa “casa comune” in cui abita) nonostante almeno mezzo secolo di avvisi e allarmi sempre più stringenti lanciati dalla comunità scientifica e nonostante i disastri più o meno naturali (molti palesemente di origine antropica) che sempre più spesso mietono migliaia di vittime?

Per rispondere a questa domanda bisognerebbe scrivere un’intera enciclopedia, tante sono le probabili concause che, in modo più o meno complesso, s’intrecciano tra loro: cause sia socio-politiche, storiche ed economiche, sia psicologiche, biologiche ed ecologiche. In questa sede vogliamo solo provare a proporre qualche pensiero tra quelli di solito meno diffusi; qualche punto di vista un po’ diverso che aiuti a cogliere alcune sfumature che, come spesso capita, possono fare in realtà la differenza nella formazione di un’idea.

Come, infatti, diceva Sherlock Holmes, è dai dettagli che si può arrivare al cuore del problema (nel suo caso scoprire il colpevole di turno).

Noi già sappiamo chi è il colpevole, ma in questo caso il cuore del problema allora è un altro: la nostra specie ama il luogo in cui vive? Ovvero, ama la Natura? Poiché sappiamo benissimo che, al di là di tante belle parole o dei vari “sensi duri” (senso del dovere, senso di colpa, ecc.) nei fatti solo chi ama qualcosa/qualcuno se ne prende davvero cura. Oggi è facile dire che, almeno in Occidente, la maggior parte degli uomini NON ama la Natura.

Ma per amare davvero qualcosa/qualcuno ci sono solo due strade: quella del cuore (l’emozione, l’empatia che ci coglie in certe situazioni, magari sostenuta da un legame di sangue, come quello per i figli) o quella della testa (la conoscenza, conoscere bene qualcosa o qualcuno, in modo da arrivare a coglierne il valore). Solo così arriveremo al volere bene (philéô) e magari ad amare (agapáô) e di conseguenza a impegnarci davvero per proteggere l’oggetto del nostro amore (sappiamo, infatti, che il “voler bene” non è proprio la stessa cosa che “amare”, come fece notare Gesù a Pietro nel famoso dialogo del Vangelo di Giovanni (21, 15-17) ).

Per millenni l’Uomo nomade cacciatore-raccoglitore ha vissuto la Natura con l’amore istintivo che avvolge un essere la cui vita dipende da essa, con un misto di paura e attrazione, sapendo appunto che dalla Natura poteva arrivare anche la morte. Ma sempre con il rispetto e con l’equilibrio di chi sa anche che della Natura ha bisogno e che essa è sempre più grande di lui. Dalla Natura gli uomini prelevavano solo quanto gli serviva per la sopravvivenza, ovvero “gli interessi”, lasciando intatto “il capitale”.

Poi, circa 10.000 anni fa, con la nascita e lo sviluppo dell’agricoltura, il panorama è cominciato a cambiare. L’Uomo si è fermato in un posto e, per sopravvivere, ha dovuto iniziare a sfruttarlo, con i vari processi di coltivazione del suolo e di domesticazione di piante e animali e con metodi sempre più raffinati e intensivi. Ovvero, ha iniziato a intaccare il capitale. Fino a quando ciò avveniva con metodi tradizionali e solo con la forza di uomini e bestie, attraverso il lavoro di comunità umane costituite al massimo, nel complesso, da milioni di individui, la Terra ha ben sopportato tale pressione. Inoltre, la presenza di eventi tragici come pandemie, carestie e guerre effettuava un certo controllo sulla popolazione antropica.

Con la cosiddetta Rivoluzione Industriale iniziata in Occidente nel XVII secolo, si è però accesa la miccia: la società umana da sistema agricolo–artigianale–commerciale è diventata un sistema industriale moderno, caratterizzato dall’uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e dall’utilizzo di nuove fonti energetiche inanimate (come, per esempio, i combustibili fossili), il tutto favorito da una forte componente di innovazione tecnologica e accompagnato da fenomeni di sviluppo demografico, sviluppo economico e da profonde modificazioni socio-culturali e anche politiche. E soprattutto di incremento di popolazione, che rapidamente è passata da 1 miliardo di individui nel 1800, ai circa 7,5 miliardi di oggi, con un aumento medio annuo di circa 75 milioni. In pratica, gli esseri umani si sono quadruplicati nell’arco degli ultimi 100 anni, dopo essere rimasti per millenni limitati a pochi milioni di persone (all’epoca della nascita di Cristo si stima vivessero sul Pianeta circa 160 milioni di individui).

Ciò non solo ha aumentato in pochissimo tempo e a dismisura la richiesta, e quindi lo sfruttamento, di risorse naturali – oltre che la conseguente produzione di scorie di ogni genere quasi mai realmente smaltibili –, ma, attraverso il fenomeno dell’inurbamento, ha sempre di più allontanato gli uomini dalla Natura. A seguito di ciò, non solo una parte significativa degli esseri umani non conosce più il mondo naturale (per esempio non sa distinguere le varie specie animali e vegetali) ma, soprattutto negli ultimi decenni, si è creata una vera e propria sindrome di disconnessione con la Natura, come scrivono vari filosofi e psicologi, per cui alla fine sempre meno si sente il bisogno di una sua vicinanza, di un suo rapporto profondo e vero con essa. In pratica oggi per molte persone la Natura vale solo perché serve (per esempio, un albero non va abbattuto perché produce ossigeno) o, nei casi migliori, perché “è bella” o perché “fa bene” (che son sempre forme d’uso, seppur scenografiche o salutistiche).

E non essendoci più contatto, è sempre più difficile rimanere in sintonia. Questo è il vero dramma dell’Uomo, poiché innesca un processo a cascata di impoverimento interiore che porta all’ignoranza cognitiva e culturale, alla perdita di identità (di specie, di popolo ma anche almeno in parte personale), all’inaridimento emotivo, ma soprattutto all’incapacità di essere in risonanza con il mondo che ci circonda che, volenti o nolenti, è ancora in massima parte naturale (per quanto rovinato e contaminato). (continua)

 

Cacciatori affamati

In tema di caccia

L’Italia è da tempo un osservato speciale della Commissione europea, in procinto di attivare una o più procedure di infrazione dopo varie inchieste condotte. Ebbene, nonostante questo, in Commissione Agricoltura della Camera è stata presentata una proposta di legge che infrange la Direttiva Uccelli, riduce gravemente le tutele per la fauna e regionalizza il patrimonio collettivo degli animali selvatici.
https://rivistanatura.com/caccia-una-proposta-di-legge-inaccettabile/?www.rivistanatura.com?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=news_23_04_2019

 

https://rivistanatura.com/wp-content/uploads/2023/08/caccia.jpg.webp

 

In Commissione Agricoltura

 

Caccia: una proposta di legge inaccettabile
Le associazioni si rivolgono al Presidente del Consiglio e al Ministro dell'Agricoltura perché non lascino carta bianca all'illegalità e ai fucili

 

Le associazioni Enpa, Lac, Lav, Leidaa, Lipu-BirdLife Italia, Oipa, Federazione nazionale Pro Natura, WWF Italia hanno emesso un comunicato congiunto che evidenzia le maggiori criticità della proposta di legge: - emanare il calendario venatorio per legge, impedendo ai cittadini di poter ricorrere;- eliminare qualsiasi riferimento al limite della stagione venatoria, così da autorizzare la caccia anche nel delicato mese di febbraio; - autorizzare la caccia sette giorni a settimana togliendo il limite di tre giorni e i due giorni di silenzio venatorio; - introdurre gli istituti regionali a cui chiedere il parere invece che a Ispra, attuando una sorta di autonomia differenziata delle tutele della fauna cacciabile; - depenalizzare i reati, ad esempio lasciando la licenza di caccia a chi è condannato per reati di bracconaggio in periodo di stagione chiusa, vera e propria liberalizzazione dell’attività venatoria. (continua)


 

 

 

  Batteria a energia atomica: come funziona e la differenza con centrali nucleari e bombe atomiche

  Geopop
  Quanto sarebbe bello non doversi più preoccupare di ricaricare lo smartphone? In Cina è stata prodotta    la prima batteria nucleare in miniatura che può durare fino a 50 anni e che potrebbe permetterci di non dover mai più ricaricare il cellulare. Ma cosa sono le batterie nucleari? Sono pericolose? No, non preoccupatevi. Non si tratta di bombe atomiche o centrali nucleari in miniatura. Questa tipologia di batterie non sfrutta infatti la fusione o la fissione nucleare, ma solo l’energia che deriva dal cosiddetto “decadimento radioattivo”. In questo video analizzeremo il funzionamento delle batterie a energia atomica, vedremo la differenza con le centrali nucleari e scopriremo quali sono i possibili scenari futuri.

00:00 La batteria a energia atomica cinese che dura 50 anni
01:10 La differenza tra batterie nucleari, centrali e bombe atomiche
02:05 Come è fatta la batteria a radioisotopi sviluppata in Cina della Betavolt
02:35 Come funziona la batteria a radioisotopi: il nickel 63
04:07 Il decadimento radioattivo
04:37 Le batterie nucleari sono pericolose?
05:37 Una batteria che dura 50 anni: gli scenari futuri
06:38 Le difficoltà collegate alla produzione della batteria