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*Conservare l'ambiente marino per il bene del nostro pianeta *

Conservare l'ambiente marino per il bene del nostro pianeta

Eleonora Polo

 

 

Minacce all'ambiente acquatico inquinamento acustico e elettromagnetico Acidificazione e riscaldamento climatica Pesca eccessiva e perdita della biodiversità

 

1) L'inquinamento provocato da sostanze chimiche tossiche o nocive è di solito considerato nei suoi vari aspetti la maggiore causa di degrado della salute degli oceani, ma non è la sola.
2) L'inquinamento acustico ed elettromagnetico è un problema emergente legato alla globalizzazione e alle nuove tecnologie, ma è meno appariscente ed è poco conosciuto
3) Bastano piccole variazioni nell'acidità o nella temperatura delle acque per danneggiare i delicati ecosistemi marini
4) Gli oceani e i mari si stanno svuotando perché mangiamo sempre più pesce e lo catturiamo in modo poco sostenibile.
 
Eleonora Polo Ricercatrice CNR (ISOF) e docente di Didattica della chimica presso l’Università di Ferrara
 

 A cosa servono gli oceani? * Minacce in alto mare 1 Il petrolio * Minacce in alto mare: la plastica * Minacce in alto mare 5. La radioattività

Minacce in alto mare 3. Inquinanti chimici * Minacce in alto mare 4. La memoria di tutte le guerre


 

 

Oceani

A cosa servono gli oceani?

Gli oceani coprono circa due terzi della superficie terrestre e ospitano più dell’80% delle forme di vita che l’abitano. Anche se non sappiamo con certezza come si siano formati, sicuramente è lì che è nata la vita sul pianeta. Quindi gli abitanti degli oceani potrebbero giustamente chiedersi “A che cosa serve la Terra?”

Il WWF ha definito l’oceano una superpotenza planetaria che copre il 71% (360 milioni di km2) della superficie terrestre, sostiene la vita di miliardi di persone e ospita preziosi ecosistemi e una vasta fauna selvatica. Terra e oceano sono interdipendenti e beneficiano di uno scambio continuo di sostanze, ma questo delicato equilibrio è sempre più messo a rischio dall’immissione nell’ambiente di sostanze aliene di origine sintetica. Secondo il grande esploratore norvegese Thor Heyerdahl «qualsiasi scienziato può testimoniare che un oceano morto implica un pianeta morto». Quando si parla di danni agli oceani si pensa immediatamente all’inquinamento, di solito associato agli sversamenti nelle acque di sostanze tossiche, petrolio o plastica. L’argomento più gettonato sono le cosiddette isole di plastica, sei aree più o meno vaste negli oceani in cui le correnti concentrano la maggior parte dei detriti galleggianti.

 


 

Fig.1. Fonti dell’inquinamento marino

Minacce in alto mare 1 Il petrolio

 Eleonora Polo[1]

 La pattumiera del pianeta

 Così l’oceanografo ed esploratore Jacques-Yves Cousteau era solito descrivere il nostro rapporto con gli oceani. Ma che cosa va a finire in questa pattumiera? Un po’ di tutto, perché i volti della contaminazione delle acque sono molti, i più visibili sono quelli di tipo chimico, ma ce ne sono altri meno evidenti – altrettanto o addirittura più pericolosi – perché immateriali, come l’inquinamento acustico o elettromagnetico. Lo sversamento voluto o accidentale di sostanze chimiche è una delle minacce più antiche, perché da sempre l’umanità ha pensato che le vie d’acqua potessero accogliere all’infinito tutti i nostri rifiuti. Inoltre, più si evolvono le tecnologie, più è probabile che quello che finisce in acqua sia sempre più lontano dai sistemi naturali, quindi poco digeribile, e possa rimanere in giro per secoli senza mai degradarsi completamente. Dovremmo anche smettere di usare il verbo buttare via, perché sulla Terra «non esiste una cosa chiamata via, quando buttiamo via qualcosa, va a finire da un’altra parte»[2]. Dopotutto, i nostri rifiuti non sono sparati nello spazio o sulla Luna.

  


   

Caretta caretta

 Minacce in alto mare: la plastica

 Eleonora Polo  

 È una minaccia reale perché il nostro pianeta è da sempre trattato come una pattumiera, in particolare gli oceani e le vie d’acqua perché allontanano i rifiuti dal punto di immissione in modo rapido ed economico. La natura dispone di meccanismi chimici e biologici per degradare una grande varietà di materiali, ma ha difficoltà a gestirne alcuni, tra cui numerose plastiche sintetiche. Il problema ha assunto dimensioni imponenti perché la produzione mondiale ha già superato i 400 milioni di tonnellate all’anno, di cui circa otto dovrebbero finire in qualche modo negli oceani. È come se ogni minuto un camion di rifiuti ci svuotasse dentro 300 kg di plastica. Al ritmo di crescita attuale e in assenza di misure correttive si prevede che i camion diventeranno due nel 2030 e quattro nel 2050.


  

Minacce in alto mare 3. Inquinanti chimici

  

Eleonora Polo  (*)

 Gli oceani sono una sorta di capsula del tempo che conserva le tracce dell’inquinamento prodotto dagli esseri umani, perché l’acqua di mare, pur essendo corrosiva nei confronti di alcuni materiali, è invece un ottimo conservante per molte sostanze chimiche inquinanti.

 

Il naufragare è poco dolce in questo mare…

 

 


 

 

Fig. 1 USA sito di scarico di munizioni

Minacce in alto mare 4. La memoria di tutte le guerre

Eleonora Polo1 

Negli ambienti acquatici si nasconde una vera e propria bomba a orologeria: milioni di tonnellate di ordigni bellici che si stanno corrodendo e possono ancora liberare il loro carico di morte.


La guerra infinita

L’ambiente è la vittima silenziosa di tutte le guerre, perché, in previsione di un conflitto, gli analisti si occupano più delle future perdite di vite umane e della distruzione di proprietà e infrastrutture che delle conseguenze ecologiche, dell’impoverimento delle risorse naturali e della morte di specie animali e vegetali. I danni delle due guerre mondiali e dell’attuale situazione di conflitti diffusi2 li stiamo già in parte pagando, ma soprattutto li pagheremo con interessi salatissimi nei decenni a venire.


 

 

minaccia invisibile

Minacce in alto mare 5. La radioattività

Eleonora Polo1

Questo tipo di contaminazione merita un discorso a parte perché si tratta di un fenomeno complesso che ha origini che vanno al di là delle più ovvie, le centrali nucleari e le attività belliche.

 

Un temuto nemico invisibile

 La radioattività è un nemico subdolo che spaventa più di altri perché non ha colore, odore o sapore, ma può essere letale. Chi ha visto la miniserie televisiva Chernobyl2, sicuramente ricorda la scena in cui i primi operai inviati a controllare i danni sul reattore cominciano a sentire in bocca un sapore metallico. Questa percezione non dipende dal fatto che le radiazioni abbiano realmente un sapore, ma è dovuta ai danni provocati dalle radiazioni elevate ai nostri apparati sensoriali. Per rilevare la radioattività sono necessari dispositivi e apparecchiature specifici.

 

1. Che cosa causa la radioattività di un elemento e come la si misura?

La radioattività è dovuta all’instabilità dei radionuclidi naturali e artificiali che, per ridurre l’energia in eccesso, liberano vari tipi di particelle e radiazioni3 trasformandosi gradualmente in altri elementi chimici più stabili.

Per valutarla quantitativamente si impiegano varie unità di unità di misura. Le tre più utilizzate indicano: